niccolò carratelli
roma
«Eccolo». I primi nella piazza Pd, che si accorgono dell’arrivo di Giuseppe Conte, alzano istintivamente i telefonini per immortalare il presidente M5s che si immerge tra le bandiere dem. Non è una scena che si vede tutti i giorni, in effetti. Ad aspettare l’ex premier, fermi per mezz’ora davanti all’Hotel de Russie («ma niente battute») ci sono l’ex presidente della Camera, Roberto Fico, il capogruppo a Montecitorio, Francesco Silvestri, la senatrice Alessandra Maiorino e il vicepresidente del Movimento, Riccardo Ricciardi, con la compagna (e deputata) Gilda Sportiello, che tiene nel marsupio il loro bambino di sette mesi. «Mica sarà la prima manifestazione? E lo avete portato a quella del Pd?», scherza Conte quando li vede. Poi alza lo sguardo sulla piazza: «A prima vista un bel colpo d’occhio – concede – è sempre positivo se le persone partecipano e, se il governo continua così, sempre più persone scenderanno in piazza».
Pochi metri e la sua presenza è di dominio pubblico: giornalisti, telecamere, manifestanti che si avvicinano per salutarlo. «Benvenuto, hai capito che dobbiamo stare insieme? », gli dice un anziano elettore «ex Pci», che si affretta a stringergli la mano. La raccomandazione si ripete più volte: «Solo uniti vinciamo, ricordalo», lo avverte un operaio arrivato dall’Emilia-Romagna. «Ti prego, curiamo questa sindrome masochista della sinistra, insieme siamo maggioranza», è l’appello di un pensionato napoletano. «Sono qui, no?», replica Conte con un sorriso, mentre si concede alle foto. Poi precisa il senso della sua presenza: non solo per restituire la cortesia a Schlein, che si era fatta vedere al corteo 5 stelle dello scorso giugno, ma anche per ribadire una disponibilità «a continuare il dialogo che abbiamo già avviato con il Pd – dice l’ex premier – e anche per confermare tutto il nostro dissenso per le politiche di questo governo e la manovra economica, una sciagura per il Paese». Viene fermato da un ragazzo egiziano, che in inglese gli fa la domanda più complicata del pomeriggio: perché non vi spendete di più per fermare il bombardamento di Gaza? Conte risponde che «lo stiamo facendo, hai visto il video che ho pubblicato oggi sui social? ». Un video in cui si scaglia contro la «pavidità della politica: dobbiamo intervenire per fermare questa strage, non basta una tregua umanitaria, serve un cessate il fuoco immediato». Ce l’aveva con Meloni, ma anche con Schlein? «Non mi fate parlare oggi delle diversità tra noi, non è il giorno giusto», glissa.
La delegazione 5 stelle raggiunge le transenne che delimitano l’area riservata dietro al palco. Lungo la strada Conte viene salutato da Gianni Cuperlo e Paola De Micheli, sua ministra nel governo giallorosso, come pure Francesco Boccia e Roberto Speranza, tra i primi ad andargli incontro. Abbracci e pacche sulle spalle, accoglienza tutt’altro che fredda, «è una bella piazza, giusto esserci», dice Fico. Ci sono anche gli altri due “ospiti” e azionisti del campo progressista, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni: «Questa è la strada giusta, ogni occasione di convergenza è importante», assicura il leader di Sinistra italiana. Finalmente, ecco il bacio tra Conte ed Elly Schlein, i due si fermano a parlare da soli un paio di minuti, mentre intorno tutti li guardano.
Dopo circa mezz’ora, la partecipazione del presidente M5s può considerarsi esaurita, anche con una certa soddisfazione. Lasciando la piazza, ancora foto e strette di mano: «Questa è un’altra tappa di un percorso lungo, ma che noi intendiamo proseguire – spiega a La Stampa – io non coltivo divisioni, siamo forze politiche autonome e diverse, ma lavoreremo insieme per contrastare le politiche sbagliate di questo governo». Insomma, bene l’abbraccio, ma non troppo stretto, per non sembrare subalterni al Pd. Mentre si avvia verso la macchina, Conte viene fermato da una ragazza: «Io sono qui, ma voto 5 stelle», gli confida. «Non sei l’unica, me l’hanno detto anche altri», replica lui con una smorfia, che tradisce l’eterna competizione con Schlein, messa da parte per un pomeriggio. Uniti sì, ma fino a un certo punto. —