Marco Travaglio

Si pensava che, coronato il sogno del potere dopo lunga e penosa opposizione, i post(?)fascisti si accontentassero limitando al minimo le esternazioni “identitarie”. Che erano comprensibili quando erano ghettizzati dall’“arco costituzionale”, ma ora che sono al governo possono rivelarsi controproducenti. Eppure parlano e straparlano più ora di prima. L’uscita di De Angelis sulla strage di Bologna, la sparata tragicomica di La Russa sui nazifascisti di via Rasella (“una banda musicale di semipensionati”), l’incontinenza di Sangiuliano&C. in ansia da “egemonia culturale”, la querela della sorella d’Italia alla vignetta di Nat, la tabula rasa di qualsiasi voce dissonante in Rai. Il perché di questo tafazzismo, che fa impallidire persino un primatista mondiale come Fassino e crea guai e imbarazzi alla lunga marcia di accreditamento di Giorgia Meloni presso l’establishment italiano e internazionale, ha una spiegazione tutta politica: ed è proprio l’inchino permanente della premier alle élite nazionali, europee e americane.
La destra antiatlantista e multilaterale, appena al governo, è divenuta turboatlantista e unilaterale. La destra sociale s’è trasformata in asociale e antisociale. La destra legalitaria che tifava Borsellino, Di Pietro e Gratteri s’è rivelata impunitaria e berlusconiana (quando la Meloni avvisò B. di non essere ricattabile diceva il vero: poi però nominò alla Giustizia il berlusclone Nordio senza bisogno di ricatti). La destra che strillava alle cancellerie e ai falchi europei “la pacchia è finita”, intendeva “per gli italiani”, visto che ha sposato e persino scavalcato l’austerità selettiva anti-poveri e pro-ricchi. La destra sovranista ha venduto, anzi regalato la nostra sovranità a Bruxelles e a Washington, meritandosi le lodi di Monti e degli altri alfieri dell’establishment. Non è il consueto bagno di realtà imposto agli anti-sistema dall’ingresso nel sistema. È un’inversione a U che rinnega non solo le promesse elettorali, ma la natura stessa della destra. E costringe i suoi uomini a rassicurare la base come possono. Non potendolo fare con atti di governo, visto che le decisioni importanti le hanno appaltate all’estero, lo fanno a parole, piantando bandierine con un’escalation di sparate che a noi sembra scomposta e suicida, ma ai melones serve a tener buoni i militanti: tranquilli, nessun tradimento, tutto procede secondo i piani nella massima coerenza. Purtroppo per loro, gli elettori fanno la spesa e i conti a fine mese (quelli che hanno qualcosa da contare), vedono i migranti quintuplicati, vivono nel mondo reale. E sempre più si accorgeranno che, sotto le sparate, niente. Chissà che prima o poi lo capisca anche la sinistra e la smetta di fare opposizione sulle parole anziché sui fatti.