Il tumore, l’esame e quel referto dopo 8 mesi Addio alla professoressa che svelò lo scandalo

Malasanità

Riccardo Arena
mazara del vallo (trapani)
Sul letto di morte di Maria Cristina Gallo, che tutti qui chiamavano Cristina, oltre alle povere spoglie dell’insegnante, giacciono anche i resti della sanità siciliana. Nel salone col parquet della villetta alla periferia di Mazara del Vallo, arredata col gusto elegante di Cristina, nel primo pomeriggio di ieri, per cause tecniche, non c’era ancora la bara e non c’erano le istituzioni regionali, in particolare i vertici della sanità, sulle cui nomine la coalizione di centrodestra guidata da Renato Schifani ha litigato ferocemente, rischiando la crisi di governo. Da quando, nell’autunno 2024, questa insegnante di 56 anni rese nota la sua incredibile storia, come racconta il marito Giorgio Tranchida, «non si è visto né sentito nessuno, nemmeno una telefonata». Ricercatore del Cnr, 57 anni, è rimasto solo con due figli di 24 e 17 anni. 
Non solo Cristina ha vissuto sulla propria pelle i ritardi e i guasti di un sistema che è stato capace di consegnarle l’esito della biopsia otto mesi dopo il prelievo: i casi come il suo – si è scoperto solo dopo la sua denuncia – nell’Azienda sanitaria provinciale di Trapani erano 3.300, il ritardo era praticamente la regola, l’eccezione era la puntualità. E guarda caso una di queste eccezioni aveva riguardato, nel novembre 2020, un paziente di nome Andrea Bonafede, l’alias del superlatitante Matteo Messina Denaro. Lui l’esame lo aveva avuto in 24 ore.
Cristina Gallo a dicembre 2023, a causa di un fibroma all’utero, si era sottoposta a quello che pareva un normale intervento di isterectomia. Era stato predisposto il vetrino per la biopsia. Ma quando la paziente – «dopo quattro solleciti e dopo avere indagato personalmente, per scoprire dove fosse finito», aveva sottolineato in marzo in un colloquio con La Stampa – ebbe il risultato diagnostico, era agosto 2024 e il tumore aveva già fatto il suo implacabile lavoro: quarto stadio, praticamente non c’era più via d’uscita. Un anno di lotte, di trasferte (costose e non rimborsate) a Milano, la speranza cullata inutilmente che si è spenta ieri mattina, nella villetta di famiglia dove la mamma della professoressa di Italiano e storia dell’istituto industriale di Mazara non ha più lacrime, abbraccia il viso della figlia, non si stacca da lei nemmeno per salutare le decine di persone che si avvicendano nel dare l’ultimo saluto alla defunta, in vista del funerale di stamattina, alle 10,30 nella cattedrale di Mazara.
Il caso era stato aperto da un’interrogazione parlamentare del vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè (Forza Italia). Non solo politica: i due erano compagni di scuola al liceo, si volevano bene, erano cresciuti insieme anche col marito di Cristina. Il caso era divampato a poco a poco, fino a quando non erano state avviate le indagini amministrative del ministero della Salute e della Regione Siciliana. Era saltato il direttore generale dell’Asp, Ferdinando Croce, area Fratelli d’Italia. Poi gli accertamenti giudiziari: 19 indagati, un incidente probatorio che continuerà lunedì, «ma senza la mia cliente – sottolinea l’avvocato Niccolò Grossi, legale della famiglia – e ora gli accertamenti che dovevano essere fatti su di lei non si faranno più, ma la situazione è chiara». Il patrono delle “persone offese” aveva chiesto di chiamare l’Asp trapanese come responsabile civile e non come parte lesa, ma il giudice Massimo Corleo ha rigettato la richiesta.
Cristina Gallo, con la sua ostinazione gentile, aveva contribuito a scoperchiare questo calderone di ritardi, negligenze, dovuti a «un atteggiamento di pressappochismo, di menefreghismo, che non va bene», come aveva ribadito lei stessa. Tutto confermato dalle indagini ordinate dai magistrati trapanesi, che hanno scoperto anche altri tre casi di persone morte in attesa o dopo avere atteso mesi per l’istologico. Anche un ex deputato regionale socialista trapanese, Nino Oddo, incoraggiato dalla denuncia della Gallo, ha denunciato i ritardi subiti anche da lui.
Sotto accusa il reparto di Anatomia patologica, in particolare dell’ospedale di Castelvetrano, dove il “vetrino” di Cristina Gallo, operata a Mazara, era stato dirottato, per fare prima rispetto a Trapani, dove c’era l’altro centro specializzato. E in effetti a Castelvetrano c’è l’ospedale dove miracolosamente il paziente Bonafede-Messina Denaro aveva fatto tutto in un battere di ciglia. Anche lui però era morto, il tumore difficilmente perdona. Ma se Cristina lo avesse “preso” in tempo? A tutto questo dovranno rispondere le inchieste di Roma, Palermo e Trapani, mentre a livello politico Mulè ieri ha ricordato l’amica alla Camera, in chiusura di seduta: «Cristina era una mamma tenerissima, moglie esemplare, insegnante innamorata. È stata una combattente irriducibile». E il leader di Azione, Carlo Calenda, ha ricordato come il governo regionale sia «interessato – ha detto – solo a spartirsi le poltrone della sanità». —