Il presidente “beccato” con Signorini (Porto Genova) a liberarsi del cellulare durante il periodo della discussione sul Terminal Rinfuse

Marco grasso

Lo ha negato pubblicamente, ma anche Giovanni Toti sembra aver adottato l’abitudine anti-intercettazioni di lasciare i telefoni lontano dai tavoli più caldi. È quanto emerge dalle nuove carte della GdF, che ricostruiscono un incontro finora inedito con Paolo Emilio Signorini (all’epoca presidente dell’Autorità Portuale – corrotto, secondo l’accusa, dall’imprenditore Aldo Spinelli – nonché ex ad di Iren, che l’ha licenziato ieri, ndr ) mentre si discuteva del contestato rinnovo della concessione del terminal Rinfuse a Spinelli.
Dalle carte, sempre in quel periodo, emerge la traccia d’una convocazione a Ginevra di Toti e Signorini da parte di Gianluigi Aponte, socio di Spinelli.
1 ottobre 2021. Toti e Signorini si danno appuntamento per un caffè al “Moody”, bar del centro di Genova. I dettagli sono discussi attraverso le segretarie, dopo che Signorini aveva chiesto di vedersi per “parlare a voce”. “È utile segnalare ai fini investigativi – annota la GdF – che i soggetti attenzionati, dopo aver effettuato una conversazione riservata, si alzavano dal tavolino occupato. In particolare, veniva notato che Giovanni Toti prendeva una giacca blu posata in una sedia di un altro tavolino e dalle tasche estraeva due cellulari, uno dei quali veniva riposto in una tasca, mentre l’altro veniva consegnato Signorini”.
Secondo la Finanza, la giacca di Toti, tenuta lontana, conteneva il suo telefono e quello dell’interlocutore. Una scena che pare assomigliare agli espedienti adottati a bordo dello yacht di Spinelli. In quel caso i militari fotografarono i cellulari di Signorini e degli Spinelli, padre e figlio, depositati su un tavolino all’ingresso della barca, o ai telefoni dei presenti raccolti da Matteo Cozzani, braccio destro di Toti, prima di discutere dei presunti finanziamenti occulti di Esselunga. Comportamenti inspiegabili, se non con il timore di essere intercettati.
L’informativa – depositata a corredo delle motivazioni per cui, secondo i pm, il governatore dovrebbe restare ai domiciliari – smentisce dunque quanto dichiarato da Toti nella sua memoria difensiva, girata ai media attraverso il suo staff a interrogatorio ancora in corso: “Quanto ai telefoni lasciati fuori dalla imbarcazione, nelle foto non si vede il mio telefono. Telefono che per altro era con me in molte occasioni anche sulla barca e a dispetto dell’atteggiamento altrui, visto che volevo essere sempre reperibile (…) È possibile che in rare situazioni Spinelli abbia chiesto di lasciare il cellulare, perché, come si è poi saputo, temeva di essere spiato da concorrenti”. Al summit al Moody, Spinelli non c’era. Eppure i telefoni vengono messi nella stessa giacca, in un altro tavolo. Non solo. Due giorni dopo, il 3 ottobre, viene intercettata una telefonata di Toti a Signorini. Si accordano per un nuovo incontro: “Se non piove ci mettiamo a Le Cicale, in Albaro (…) c’è spazio, non ci rompe il cazzo nessuno e si può parlare… passano le macchine, c’è rumore di fondo…”. “L’affermazione di Toti – commenta la Gdf – evidenzia la consapevolezza riguardo alla predilezione di una location dove, quantomeno, l’inquinamento acustico di sottofondo possa rendere meno agevole un’eventuale captazione”. I comportamenti osservati sono così circospetti da spingere la Finanza, il 5 ottobre, a depositare una richiesta di “intercettazione telematica attiva-passiva e captatore informatico” nei confronti di Signorini. Un trojan che, a quanto risulta, non sarà mai installato, né attivato.
Gli investigatori sottolineano come Toti usi un linguaggio “codificato” e un modo di fare “elusivo” anche altre occasioni. Come quando, di ritorno da un pranzo a Montecarlo, ospite di Spinelli, anticipa alla segretaria una donazione dell’imprenditore per una futura cena di finanziamento a Villa Lo Zerbino, a marzo del 2024, in vista delle regionali del 2025: “Mandi alla segreteria di Spinelli i documenti dove vogliamo che faccia un versamento (…) cosi lo fai e poi dopo il resto ti dico a voce”. Spinelli aveva finanziato un happening simile, l’anno precedente, “schermando la propria adesione” attraverso la ditta “Sacchi costruzioni srl”.