niccolò carratelli
roma
Lei ha già collezionato 70 tappe elettorali da Nord a Sud (l’ultima ieri a Orvieto), il triplo dei ciclisti impegnati nel Giro d’Italia. Alla fine saranno più di cento e, da domani, le racconterà nelle sue “Note di viaggio”, la nuova rubrica social del Pd, con messaggi vocali inviati a iscritti e militanti sul canale WhatsApp del partito. Lui, invece, ha selezionato gli appuntamenti, fin qui sono stati una ventina o poco più, e ha puntato forte sul tour nei teatri: comizi-spettacolo alla Steve Jobs per presentare il programma europeo del Movimento 5 stelle. Elly Schlein e Giuseppe Conte, avversari e alleati. Sono avversari, perché con il sistema proporzionale alle elezioni europee pescheranno nello stesso bacino elettorale. Ma sono anche alleati, perché l’8 e 9 giugno si vota anche per le Amministrative e loro sostengono lo stesso candidato sindaco in 22 capoluoghi di provincia su 27 e in molte città medio-grandi.
La posta in palio
Le campagne allo specchio dei due principali leader del campo progressista evidenziano subito il dato politico che li differenzia: in queste elezioni Schlein si gioca molto più di Conte. Ha l’obiettivo di consolidare la sua leadership, anche per questo si è candidata in prima persona come capolista al Centro e nelle Isole. Mentre il presidente M5s ha scelto di non correre e di non caricare di particolare significato queste Europee, ben sapendo che storicamente il Movimento è sempre andato peggio rispetto alle Politiche: se il 16% stimato dai sondaggi dovesse diventare un 12 o 11% nelle urne, nessuno si sognerà comunque di metterlo in discussione. «Noi non mettiamo in lista candidati acchiappavoti, che magari ti fanno allargare il consenso, ma pregiudicano la coerenza della linea politica», dice l’ex premier, mettendo le mani avanti sul risultato atteso il 9 giugno. Il riferimento è alla scelta di Schlein di buttare nella mischia Cecilia Strada e Marco Tarquinio, due con posizioni distanti da quella del Pd sul sostegno militare all’Ucraina.
Il peso delle liste
La composizione delle liste, del resto, è un’altra dimostrazione di quanto il Pd punti sulla battaglia europea. «Abbiamo una squadra meravigliosa», ama ripetere la segretaria e, in effetti, la possibile, futura delegazione dem a Bruxelles ha un certo peso specifico: da Stefano Bonaccini a Nicola Zingaretti, da Antonio Decaro a Lucia Annunziata, poi Dario Nardella, Giorgio Gori, Matteo Ricci e Sandro Ruotolo. Oltre agli eurodeputati uscenti e ai già citati Strada e Tarquinio. Sul fronte 5 stelle, anche a causa del tetto dei due mandati, gli unici nomi di rilievo schierati da Conte sono quelli di Pasquale Tridico, Giuseppe Antoci e Carolina Morace.
I cavalli di battaglia
«Più dei volti contano i programmi e gli obiettivi», dice sempre Conte, che nei suoi comizi insiste sull’impegno a mandare a Bruxelles «costruttori di pace», tanto da aver messo l’hashtag anche nel logo elettorale. Il no all’invio di armi a Kiev è uno dei tratti distintivi della campagna del presidente 5 stelle, perché è forse l’unica cosa che lui può dire e Schlein no. Sulla questione la segretaria Pd, quando può, sorvola, mentre preferisce concentrarsi sui «problemi concreti delle persone»: lavoro e sanità, sanità e lavoro. Non perde occasione per ricordare la sfida alla destra sul salario minimo, con la raccolta firme per la legge di iniziativa popolare (sostenuta anche dal M5s), e per sfidare Giorgia Meloni a sostenere la legge Pd, a sua prima firma, che punta ad aumentare i finanziamenti al fondo sanitario e sbloccare le assunzioni di medici e infermieri: «È una priorità assoluta, ci batteremo in Parlamento e fuori», ribadisce la leader dem. Molto combattiva anche sul fronte dei diritti, da quelli della comunità Lgbtiq+ a quello delle donne che vogliono abortire: oggi, nell’anniversario dell’introduzione della legge 194, al Nazareno è in programma una conferenza stampa sulle iniziative a sostegno della norma. Dall’altra parte, Conte si sofferma spesso sui temi economici, difendendo il Superbonus edilizio e ricordando ovunque il suo lavoro da premier per portare in Italia i miliardi del Pnrr (anche polemizzando con il commissario europeo Gentiloni), senza risparmiare critiche a Meloni sulla firma del nuovo Patto di stabilità, che «condanna l’Italia all’austerità».
La sfida in tv
Il leader 5 stelle cerca costantemente la contrapposizione con la presidente del Consiglio, come e più di Schlein, proprio perché vede come fumo negli occhi la polarizzazione delle scontro tra le due donne forti della politica italiana. Al punto da stracciarsi le vesti pur di impedire (riuscendoci) il duello tv organizzato da Bruno Vespa su RaiUno. A proposito di spazi televisivi, entrambi fin qui hanno accettato interviste singole e non è chiaro se parteciperanno, prima o poi, a un confronto con gli altri leader. Schlein era pronta ad affrontare Meloni e solo lei, è improbabile che si presti ad altre sfide. Conte si era detto disponibile a partecipare al dibattito “all’americana” proposto da Enrico Mentana su La7, ma potrebbe rinunciare se la premier e la segretaria confermeranno il loro diniego. —