L’ORGANISMO DI CONTROLLO REGIONALE FORMALIZZERÀ LA DECADENZA DEL MANAGER ROBERTO FANTINI PER GLI INQUIRENTI PARTE DELLE ELEZIONI DI TORINO 2021 CONTRADDISTINTE DA UN SISTEMA DI CORRUZIONE

giuseppe legato
torino
Terremoto politico-giudiziario in Piemonte e a Torino a due mesi dalle elezioni regionali. Dalle infiltrazioni della ‘ndrangheta nei cantieri di diverse autostrade italiane a un sistema di corruttela elettorale che ha permesso a uno storico esponente del partito democratico, Salvatore Gallo, di far eleggere alle ultime elezioni comunali della città (2021), tre dei 17 consiglieri dem nell’assise civica. È il risultato dell’inchiesta della procura e del Ros dei carabinieri che ha portato in carcere (ai domiciliari) l’ex manager Roberto Fantini, già ad di Sitalfa, società controllata da Sitaf che si occupa della manutenzione dell’autostrada Torino-Bardonecchia. L’accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa. Per il pm Valerio Longi Fantini agevolava le cosche della ‘ndrangheta negli appalti dell’arteria che collega il capoluogo alle località sciistiche. Ma sempre Fantini – e qui scoppia il primo caso politico – il 22 novembre del 2022, è stato nominato, dal consiglio regionale, in quota Pd, componente dell’Orecol, una sorta di Osservatorio che deve garantire la legalità e la trasparenza degli appalti su opere decise dalla giunta regionale. Una comica, anzi no. Appresa la notizia da La Stampa il presidente della regione Alberto Cirio ha imboccato subito la strada che porterà alla revoca di Fantini in quell’ente. Lo ha fatto di concerto con il presidente di Orecol, Arturo Soprano, ex magistrato di punta della Corte d’Appello. Annunciando decisioni immediate che consentano all’organismo di controllo di proseguire il lavoro con regolarità». L’imbarazzo è stato palpabile ma ha lasciato presto spazio a una scelta chiara. A un cambio di passo.
Lunedì l’apposita commissione del consiglio regionale formalizzerà la procedura di decadenza di Fantini «per intervenuta assenza dei criteri di moralità necessari per il ruolo». L’imprenditore agevolatore delle ditte dei boss («nella piena consapevolezza della statura criminale degli stessi» si legge agli atti) era stato proposto da Raffaele Gallo, consigliere regionale uscente del Pd e figlio di Salvatore Gallo, protagonista della seconda «anima» dell’indagine che ha svelato un diffuso sistema di corruzione elettorale che ha contraddistinto parte delle consultazioni comunali di Torino del 2021. Il presunto protagonista è Salvatore Gallo, ex socialista, «capobastone» (in senso politico) di consenso, tessere e voti, già noto come «re della Sitaf», di cui è stato a lungo e fino a poco tempo fa alto dirigente. Transitato nel Pd come «fassiniano» di ferro, ha continuato a mantenere inalterato un ampio consenso riproposto mai scalfito da inchieste e maligni giudizi dei competitor. Con una serie di favori, ma anche minacce (è indagato anche per estorsione) e un approccio di spiccata indole clientelare sarebbe riuscito – questa è l’ipotesi di corruzione elettorale che gli viene contestata – a far eleggere in consiglio tre membri del partito democratico (non indagati). Lo avrebbe fatto arrivando a ventilare a un impiegato della Sitaf «il licenziamento o il demansionamento» nel caso in cui non avesse lavorato nella campagna elettorale dei suoi candidati legati all’associazione (da Gallo stesso fondata), IdeaTo. I guai di Gallo senior hanno generato a catena altri terremoti. Il ruolo del capolista dem alle prossime regionali blindato fino a ieri sul figlio Raffaele Gallo, è in forte discussione. Sarà comunque candidato, ma pare, non come alfiere di lista. Con una nota, i vertici del Pd Domenico Rossi e Marcello Mazzù, chiedono le dimissioni di Fantini e si smarcano: «Valuteremo con estremo rigore le situazioni che stanno emergendo e le carte processuali». —