I DATI UFFICIALI DELLE ISCRIZIONI ALL’ANNO 2022-2023 EVIDENZIANO UNA FLESSIONE DEL 4,2 PER CENTO RISPETTO AL 2021-2022

il caso
Alessandro Palmesino
Gli studenti della scuola pubblica in Liguria scendono di 7 mila unità, per lo più sul fronte degli istituti secondari di secondo grado. Questo il risultato, un po’ a sorpresa, del rapporto statistico dell’Ufficio scolastico regionale che ha riportato i dati delle iscrizioni per l’anno 2022-23, quindi quello che si è concluso nello scorso settembre. Complessivamente, i giovani iscritti alla scuola statale sono passati 168.190 a 161.198, cioè 6.992 in meno. In percentuale si tratta di una riduzione del 4,2%. Il calo è comunque pronunciato, visto che nell’anno scolastico 2020-21 gli studenti erano 170.089. In altre parole, tra il ’21 e il ’22 il confronto si era fermato a un ben più contenuto -1,1%. Nell’ultimo report statistico, decisamente meno ricco rispetto ai precedenti, non sono stati evidenziati dati relativi alle scuole private e paritarie.
Fuga dalle superiori
Tornando alla scuola pubblica, rispetto al 2021-22, la diminuzione più evidente è proprio quella che riguarda l’ultimo ciclo di istruzione. Da 62.985 studenti si è crollati a 56.833, un tracollo di 6.152 ragazzi, che fanno quasi il totale della pesante riduzione. Calano, ma in misura minore, gli studenti delle medie (da 36.137 a 35.649) e delle scuole d’infanzia (da 18.652 a 17.659), mentre aumentano, seppure di poco, quelli delle elementari (da 50.416 a 51.057). Cala in generale anche il numero delle istituzioni scolastiche (da 188 a 186), i plessi (cioè i luoghi fisici, tra sedi e succursali) che scendono da 1.054 a 922: per quanto riguarda le province, quella di Genova conta ancora circa la metà del totale degli studenti, ed è qui che si nota il peso maggiore del dato: sulle secondarie, c’è un deficit di oltre 4 mila unità (da 33.954 a 29.821), ma il calo è pesante anche per Imperia (-666), Spezia (-592), Savona (-760). Molto meno gravi i numeri per l’infanzia e la primaria, dove cala, e di poco, solo Savona, mentre le altre province sono in aumento; per quanto riguarda il triennio delle medie la situazione è sostanzialmente stabile. Si tratta di dati un po’ inattesi, vista la tendenza demografica che fino allo scorso anno ha visto una discesa verticale dei numeri dell’infanzia e della primaria, con una tenuta degli istituti superiori. E che più che a un improvviso “baby boom” si possono attribuire a un importante fenomeno migratorio a sostenere gli ordini inferiori, mentre per le scuole superiori il fantasma è quello della dispersione scolastica.
I presidi: pericolo dispersione
«Sono dati che avremo modo di analizzare, così a freddo posso dire che una possibile spiegazione, che sarebbe peraltro allarmante, potrebbe stare nell’abbandono scolastico alle superiori – dice il presidente regionale dell’Associazione nazionale presidi Santo Deldio – Su questo fronte sono in atto da anni piani sostenuti da ingenti finanziamenti, anche con il ricorso al Pnrr. Dopo il Covid, c’è stata una accelerazione nella dispersione scolastica che giustamente oggi si cerca di combattere. Quest’anno e quello successivo saranno decisivi per capire se le risorse e le idee messe in campo, tra le quali anche l’istituzione delle nuove figure dei tutor e degli orientatori per il triennio dell’ultimo ciclo, saranno adatte allo scopo. Il tema è comunque molto attuale e in tutti gli istituti superiori sta venendo affrontato con grande energia».
Cgil: manca la visione
«Il calo variabile degli studenti riporta sempre, paradossalmente, agli stessi problemi – sottolinea invece Mario Lugaro, segretario regionale della Flc – Cgil – Abbiamo visto purtroppo con la tragicommedia del dimensionamento scolastico regionale quanto poco si pianifichi. Alla fine, martedì la Regione ha deliberato accorpamenti che sono caduti per lo più dal pero, risparmiando la provincia di Genova e lasciando sul terreno enormi problemi sulle altre province. E comunque tra un anno, se non cambierà la normativa, saremo da capo. Quanto al ragionamento sugli organici, a parte il fatto che le stesse misure del Pnrr in ambito scolastico richiedono una riduzione del numero di alunni per classe, ci troviamo tuttora di fronte a classi strapiene e professori che non si trovano. Mancando un monitoraggio territoriale e riscontrando, come è avvenuto con il dimensionamento, la totale mancanza di ascolto da parte degli enti sovraordinati, l’idea di ridurre la popolazione di insegnanti non ha riscontro. Servirebbe piuttosto valutare meglio le richieste dei territori e dare risposte coerenti, mettendo fine a queste operazioni dall’alto».—