
Il leader M5S alla commissione: “Da Meloni gravi offese, il mio governo in Parlamento fece 30-40 passaggi sull’ex salva Stati”
Luca de Carolis
All’ora di pranzo l’avvocato Giuseppe Conte si presenta davanti alla commissione speciale che deciderà di onore più o meno ferito, con la cravatta rossa e una caterva di carte. Nella sala della Camera parla per circa un’ora, ed è un’arringa per precisare che da premier la ratifica del Mes lui non l’approvò certo “con il favore delle tenebre”, come aveva sostenuto Giorgia Meloni. Anzi, tutto il contrario: “Da presidente del Consiglio ho parlato almeno 14 volte del tema tra Camera e Senato”.
Un’altra mezz’oretta la trascorre rispondendo alle domande dei cinque “giudici”, in un clima “di assoluta tranquillità” sussurrerà poi uno dei presenti. Quindi davanti a Montecitorio rivendica ragioni e spazio mediatico: “Voglio giustizia, non va consentito a nessuno di poter venire in Parlamento a ribaltare la realtà dei fatti, a nessun eletto, perché qui parliamo della deputata Giorgia Meloni”. È lei l’avversaria di Conte, la presidente del Consiglio cui l’ex premier vuole impedire di scegliersi come rivale simbolica la segretaria del Pd, Elly Schlein. Anche per questo il leader del M5S ha chiesto e ottenuto la convocazione del giurì d’onore, commissione speciale della Camera, dove ieri l’ha accusata di averlo infamato sul Mes lo scorso 12 dicembre in Senato, quando lo tacciò di aver approvato da premier la ratifica dell’ex fondo salva Stati “alla chetichella, con il favore delle tenebre”, cioè a governo Conte 2 appena caduto.
Per giunta, sempre secondo Meloni, senza un mandato parlamentare. “Accuse gravi e offensive riportate da tutti i notiziari” scandisce Conte, davanti alla Camera svuotatasi per la fine dei lavori settimanali. Ma tanto lui ha già avuto la sua audizione, davanti alla commissione di cinque membri: il presidente, ossia il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè, forzista spesso dissonante da Palazzo Chigi, Stefano Vaccari (Pd), Filiberto Zaratti (Alleanza Verdi e Sinistra), Alessandro Colucci (Noi Moderati) e il leghista Fabrizio Cecchetti. Saranno sempre loro, oggi a mezzogiorno, a sentire la replica di Meloni. “Ed è già un risultato, costringeremo la premier a spiegare e a giustificarsi” sostengono dal M5S. Nell’attesa è il giovedì di Conte, che all’intervento di fronte al giurì – raccontano – ha lavorato per una decina di giorni. “Li terrà lì due o tre ore” sorrideva prima della seduta un veterano del M5S. E invece dura meno. Con l’ex premier che nella biblioteca del Presidente, tra preziosi legni e drappeggi, consegna ai colleghi una memoria scritta e una pila di documenti allegati: ovvero, tutti i suoi interventi in Parlamento sul Mes. “Come governo, tra me e i ministri, avremmo fatto 30-40 passaggi tra aula e commissioni sull’ex fondo salva Stati, trovate un altro Paese europeo che abbia avuto una simile trasparenza” dice l’avvocato ai suoi poco prima della seduta. E la prova va rintracciata in quelle cento pagine consegnate alla commissione.
I giurati le sfogliano, ma a fine audizione lasceranno tutto lì, per evitare fughe di notizie. Perché dovrebbe essere secretata l’audizione in cui Conte rivendica di aver dato il via libera alla ratifica con il mandato dei parlamentari. Per questo ricostruisce nel dettaglio i passaggi con cui si arrivò alla risoluzione approvata dal Parlamento nel dicembre 2020, in cui si dava via libera al Mes, a patto però di collegarlo a precisi obiettivi, come “una profonda modifica del Patto di stabilità” e “la revisione del carattere intergovernativo del fondo per renderlo comunitario”. Insiste: “Meloni c’era, era già deputata”. Poi accusa la premier per l’errore materiale di quel 12 dicembre. quando la leader di FdI mostrò un documento contenente l’ordine di approvazione della ratifica, datandolo al 26 gennaio 2021: cioè, il giorno dopo le dimissioni del governo Conte-2. Ma in realtà sul foglio la data era quella del 20. Un punto per l’avvocato, che a fine seduta assicura: “Ho fiducia nel giurì”. Oggi tocca a Meloni, che ribadirà le sue accuse (ma niente memoria scritta). Poi i giurati avranno tempo fino al 9 febbraio per elaborare la loro relazione, da leggere all’aula (salvo proroghe). Il responso di una partita tutta simbolica, cioè mediatica.
