IL CASO DELLA RATIFICA DEL MES

Primo round al giurì d’onore di Montecitorio. Ieri è stato ascoltato Giuseppe Conte e oggi sarà la volta di Giorgia Meloni. «Voglio giustizia», dice il leader dei Cinque stelle puntando il dito contro le «accuse false e infondate» della premier. Lo scorso 13 dicembre, in Senato, Meloni lo accusò: «La ratifica del Mes l’ha fatta il governo Conte senza mandato parlamentare e un giorno dopo essersi dimesso, quando era in carica solo per gli affari correnti». Tesi supportata da un fax sventolato nell’Aula di Palazzo Madama.
Nulla di tutto ciò secondo l’ex premier, che ieri si è presentato davanti ai cinque membri del giurì, presieduto da Giorgio Mulè (Fi), con una corposa memoria difensiva di un centinaio di pagine. Per circa un’ora e mezzo, Conte ha ripercorso tutte le volte che si è presentato in Parlamento per discutere di Mes: quattordici, tra comunicazioni e interpellanze. Diventano una quarantina se si sommano gli interventi dei ministri competenti nei due governi Conte: Giovanni Tria e Roberto Gualtieri. Coronati nella risoluzione votata a maggioranza alla Camera il 9 dicembre 2020 che impegna il governo a finalizzare la riforma del Mes.
Oggi alle 12 toccherà a Meloni fornire la sua versione. Poi il presidente Mulè dovrà riferire entro il 9 febbraio all’Aula sugli esiti del giurì. L’assemblea di Montecitorio si limiterà a prenderne atto, senza dibattito né votazione. a. bra. —