Marco Travaglio

Forse Giorgia Meloni non ha capito l’errore commesso mettendosi in casa un berlusconiano naturale come Carlo Nordio. O forse se ne sta accorgendo, ma non può licenziarlo per non perdere la faccia anche lei. Lui invece non ne ha più una da quando, da pm a Venezia, andava a cena con Previti, imputato e poi condannato perché comprava giudici e sentenze. E da quando si scordò nel cassetto per quattro anni il fascicolo sulle inesistenti tangenti rosse a D’Alema e Occhetto, anziché trasmetterlo a Roma per competenza. Così, quando Bruno Vespa lo scoprì, le accuse erano tutte prescritte (oltreché infondate) e i due politici indagati per un’eternità fecero causa allo Stato, che dovette risarcirli per colpa sua con 9mila euro a testa. Ma le sue imprese giudiziarie, già notevoli, sono state ampiamente scavalcate da quelle ministeriali. Imperiture le sue dichiarazioni sui “veri mafiosi” che non parlano al telefono, anzi non parlano tout court, per paura delle intercettazioni e del trojan: ragion per cui le intercettazioni e il trojan, oltre a essere “una barbarie”, sono pure “inutili” e vanno aboliti. Così i mafiosi ritroveranno la favella, ma i magistrati e i poliziotti non potranno più intercettarli. Sfiga volle che due giorni dopo venisse catturato Messina Denaro grazie alle intercettazioni e ai trojan. Quindi, delle due l’una: o Messina Denaro non era un “vero mafioso”, o Nordio aveva detto una fesseria. A naso, la seconda.
Anziché scavarsi un buco e seppellirvisi, il garrulo Guardagingilli ha ripreso a parlare (diversamente dai veri mafiosi, eccetto Messina Denaro). E anche a fare danni ben più seri con la controriforma dell’abuso d’ufficio e l’elogio dell’evasione fiscale. Poi, raccolta l’unanimità di dissensi da magistrati ed esperti (missione finora pressoché impossibile), ha detto che le toghe non devono criticare le leggi: le sue, visto che lui ha sempre criticato le leggi, di solito le migliori (ergastolo, 41 bis, Severino, Spazzacorrotti). L’altro giorno ha svelato un presunto colloquio col procuratore antimafia Melillo, in cui i due avrebbero concordato di abolire “le intercettazioni inutili” e devolvere i risparmi a fantomatici “cittadini normali” (non agli anormali, ai subnormali e ai paranormali, ecco). Ieri purtroppo Melillo ha smentito di aver mai condiviso simili idiozie: “Personalmente non conosco intercettazioni inutili, perché le dispone un giudice con provvedimento motivato per reati gravi”. Ora qualcuno potrebbe pensare che Nordio voglia cancellare le intercettazioni pro domo sua, visto l’alto numero di ex ministri costretti alle dimissioni dalle loro parole intercettate. Ma sarebbe un’infame calunnia. Per capire che Nordio se ne deve andare, non occorre intercettarlo: basta lasciarlo parlare.