Partiamo dal Pnrr, e l’elenco delle scuse è già piuttosto consistente. L’ultima, di Giovanbattista Fazzolari, detto “l’ideologo”, è che la colpa dei ritardi è del Conte 2, perché il piano «è stato fatto frettolosamente». La penultima, di Giancarlo Giorgetti è che invece vanno addebitati alla pubblica amministrazione, grande classico per tutte le stagioni. Per Matteo Salvini, prima ancora, la causa è l’inflazione, sebbene fosse già alta quando, con Draghi, il cronoprogramma era rispettato. E nessuno, appena insediatosi, lanciò l’allarme. Nemmeno Raffaele Fitto, che adesso chiama in causa l’eredità di Draghi, pur essendo stata smantellata la governance di quella stagione, a vantaggio di una “struttura di missione” che fa capo al suo ministero dove confluiranno, oltre agli attuali, anche un’altra cinquantina di tecnici. Peccato: il decreto per vararla non è ancora stato convertito dal Parlamento. E speriamo che i nuovi responsabili non abbiano bisogno di un periodo di apprendistato per capire dove mettere le mani. Poi però Giorgia Meloni ha chiamato il suo predecessore, lasciando intendere che il problema non è l’eredità, ma la solita Europa, nonostante Gentiloni sulla rinegoziazione degli obiettivi stia dando una mano, oltre il possibile, al governo italiano. Intanto, di rinvio in rinvio, non si risolve ancora nemmeno la questione dei balneari e della concorrenza. E qui è complicato pure accampare pretesti.
E se cambiamo argomento, passando all’immigrazione, seconda grande emergenza sul tavolo, il metodo è lo stesso. L’ultima, di Matteo Piantedosi, è che la colpa è dell’«opinione pubblica» italiana, troppo favorevole ai migranti. E, almeno in termini di decenza, è un po’ meglio della prima, quando lo stesso ministro aveva dato la colpa ai morti per essere morti, in quando «la disperazione non giustifica le partenze». In mezzo c’è stato l’allarme sui 900 mila arrivi dalla Tunisia, cifra che non si capisce da dove esca. Poi la Wagner data in pasto all’opinione pubblica al posto di Soros. Prima ancora gli scafisti, contro cui fu annunciata una caccia per tutto l’orbe terraqueo con il codice penale inasprito in mano. Incredibile: non si sono spaventati. In totale assenza di una politica sul tema, in Italia e in Europa, la previsione è facile, annunciata dal carteggio dei prefetti che scrivono ai sindaci che a loro volta scrivono al governo: uno scenario tipo 2016, quando, con numeri ingestibili, i primi cittadini rifiutavano l’accoglienza, anche quelli del medesimo colore del governo, e la situazione andò tecnicamente fuori controllo.
È la cronaca di un ordinario scaricabarile attorno al principio di realtà: la ricerca dell’alibi nell’incapacità di una soluzione. Segnatevi questa: quando il fallimento sarà traumatico o il minuto prima, scateneranno la campagna sul presidenzialismo, per dire che la colpa non è del governo che non sa governare, ma delle regole che lo impediscono. La madre di tutti gli alibi. —