Marco Travaglio

Dopo cinque mesi ci domandavamo cosa aspettasse il governo Meloni a rispondere alle reiterate avance di Sabino Incassese e a retribuirlo per i suoi molesti e mai gratuiti preliminari. In una settimana hanno sistemato l’emerito vegliardo (87 anni) su ben due poltrone. Calderoli l’ha nominato presidente del “Comitato per individuare i livelli essenziali delle prestazioni per l’Autonomia differenziata” e il sottosegretario Barachini l’ha issato alla presidenza del “Comitato che dovrà individuare le agenzie di stampa di rilevanza nazionale”. Roba forte. Il primo Comitato è un’Rsa con 61 combattenti e reduci, fra cui Amato, Violante, Ignazio Visco, Blangiardo, Bassanini, La Loggia, Severino e Finocchiaro. Nel secondo sono solo in sei. E l’Emerito li ha accettati entrambi in base a un’aulica versione del motto Franza o Spagna purché se magna illustrata al Foglio: “Lo Stato non è di questo o di quello, ma è di tutti”. Cioè suo. I governi, per lui, non si dividono in progressisti o conservatori, tecnici o politici: ma fra quelli con Cassese (e la sua tribù di allievi e protégé) e quelli senza. Come nel canottaggio. Prima di giudicarli, lui ci prova con tutti. Nel 2018 esaltò le “qualità personali” di Conte, “meglio di Gentiloni”. Poi quello declinò i suoi consigli sulle nomine. E lui iniziò a strillare alla lottizzazione, come chiama le nomine senza i suoi (quelle coi suoi sono normale spoils system). Conte divenne “pirata”, “usurpatore”, autore di “Dpcm illegali” e l’emergenza Covid roba da “Orbán”. Poi Draghi, luce dei suoi occhi, reimbarcò la tribù cassesiana e i Dpcm e lo stato d’emergenza tornarono sacrosanti.
Appena il Migliore passò la campanella a Giorgia, l’emerito riorientò la lingua verso la premier. Brava sul presidenzialismo, bravissima sull’Autonomia, magnifica per “robusta collocazione internazionale e solido orizzonte ideale: liberale, democratico e antifascista”. Le emerite pre-slinguate meritavano almeno due cadreghe, che ora producono post-leccate: viva la baggianata salviniana del Ponte (“un ulteriore legame in una nazione che si percepisce tanto disunita”), viva Giorgia e il suo comico “globo terracqueo” (“nel processo di universalizzazione del diritto, sono molti i modi per universalizzare norme ‘locali’”). Cosa non si fa per non fare l’umarell ai cantieri e non stare “a casa a dar fastidio alla moglie e ai figli”: tanto – garantisce Giucas Cassese – “se più anziani lavorano, potranno esserci più posti per i giovani”. Infatti per lui due presidenze sono poche: diamogliene una ventina e quello ci crea un milione di posti di lavoro. Poi, se gli resta tempo, gli mettiamo una fascia al braccio e lo mandiamo a dirigere il traffico davanti alle scuole. Così arriviamo alla piena occupazione: la sua.