“Questo spettacolo è una resa dei conti con me stesso”

Nanni Delbecchi

Orvieto. La terza vita di Beppe Grillo comincia da qui, dal Teatro Mancinelli, due passi da una delle cattedrali più belle del mondo; platea esaurita, qualche amico illustre che si affaccia dai palchi, ride e applaude di gusto (Giuseppe Conte, Michele Gubitosa, Roberto Fico, il direttore di questo giornale, il direttore dell’Inps Pasquale Tridico pubblicamente lodato per la sua capacità, “ma appena se ne accorgono ti rimuovono”). Amici, assai più che colleghi o compagni di strada. L’atmosfera è intima, confidenziale, a tratti crepuscolare, ora si capisce perché i grilli cantano la sera.
Con questo Io sono il peggiore, in cui riprende a girare l’Italia quattro anni dopo Insomnia, Beppe torna a casa. Torna a quel teatro che lo aveva resuscitato dopo la cacciata dalla Rai, e dove si accomoda adesso, a 14 anni dalla fondazione del Movimento 5 Stelle, per ricominciare da tre: come artista, come politico, ma soprattutto come uomo. “Questo spettacolo è una resa dei conti innanzitutto con me stesso, vado per i 75 anni, il cervello non viaggia più veloce come prima, devo capire chi sono io, e quindi anche voi dovete capire chi siete. Non ve l’aspettavate, vero?”. No, non ce l’aspettavamo un Grillo così agrodolce, quasi pirandelliano, autore più in cerca del suo personaggio che disgustato dal proprio Paese. “In questi anni mi hanno detto di tutto, mi hanno perfino paragonato a Hitler, ho ricevuto 150 denunce mentre io non ho mai denunciato nessuno… Ora mi sono stancato, e d’altra parte in politica non è più tempo di urlare, ci vuole qualcuno educato, che parli sottovoce”. Ogni riferimento a Conte non suona casuale.
L’avanzare dell’età ha di bello che ti confonde ma al tempo stesso ti libera. È il momento in cui puoi dire fino in fondo quello che pensi (vedi Silvio Berlusconi); Beppe non ha mai avuto questo problema, però si diverte a smorzare i toni e ad aguzzare la vista da irriducibile visionario. Una performance a sfondo esistenziale, col cuore in mano, anzi, con lo sfigmomanometro attaccato al braccio. “Cosa volete sapere? Scrivete su un foglio le vostre domande in forma anonima, chiedetemi qualsiasi cosa, risponderò a tutti, ma solo se la pressione non va sopra i 130. Leggo, guardo a quant’è la pressione, e poi vi rispondo”.
E va davvero così. Il Grillo che sfascia il computer, si attacca al tubo di scappamento della macchina a idrogeno e dirige un coro di voci bianche sulle ali dorate del Vaffa è dietro le spalle. Pochi ma mirati i riferimenti all’attualità stretta: la lingua di Benigni rivolto a Mattarella che è arrivata fino a Ventimiglia; il governo che si fa chiamare di centrodestra però fa cose di estrema destra (“Quello che ho sentito dire sul Reddito di cittadinanza è una vergogna”); la morte nel cuore per come è gestito il procedimento penale in cui è imputato il figlio: “Mi fanno un processo politico e mediatico sui figli. So già come finirà, ma prima devono passare anni di processo televisivo. A questo punto fate in tv anche le sentenze!”. Sanremo invece è stato come il nido del cuculo, Fedez come Jack Nicholson che finalmente si libera e tocca un culo come si deve (“Avete visto di profilo Chiara Ferragni? Sembra Jacques Tati”). E il Movimento? “Non sono deluso, a Di Maio non voglio né bene né male, anche i tradimenti servono, se non ci fosse stato Giuda Gesù non sarebbe morto e poi risorto, anche Di Maio ha tolto un po’ di roba che andava tolta, così siamo potuti rinascere grazie a Conte, il Mago di Oz”.
In Io sono il peggiore non mancano tracce cristologiche, dal Cercasi Gesù girato con Comencini, dove la fine del messia era in un reparto psichiatrico, alla corona di spinotti elettrici che Beppe si aggiusta sulla testa in chiusura di autocoscienza collettiva. Perché se si è visionari seriali, sognatori recidivi, in questo tempo in cui il futuro non si riesce a raggiungere, la velocità degli algoritmi ti condanna all’eterno presente, forse è arrivato il momento di fondare una religione. “La tecnologia non dà risposte, l’intelligenza artificiale dà risposte truccate, Dio stesso se l’è svignata. Allora mi sono detto: perché non posso fondare una mia chiesa? In America hanno riconosciuto perfino quella di chi si mette lo scolapasta in testa, ma pure da noi ce ne sono parecchie, e fioccano i contributi dell’8 per mille, le religioni non hanno il problema del finanziamento pubblico”. Così per festeggiare la sua terza vita ha fondato la Chiesa dell’Altrove “dove non si danno risposte, ma si va alla ricerca”. Dal suo palco, il Mago di Oz – che è anche il nome del più incredibile negozio di Orvieto – applaude. Sembra un progetto poco realistico perfino per lui, ma se Beppe non ci stupisse non sarebbe lui, e non è detta l’ultima parola. Metti che Fassino dica “figuriamoci se Grillo fonda una religione…”.