SCHLEIN VUOLE RIVOLTARE LA SINISTRA, MA BONACCINI: “MEGLIO RIGENERARE” SFOGO DI CALENDA: “GLI ELETTO RI DECIDONO, MA NON HANNO SEMPRE RAGIONE”

Federico Capurso
Roma
Le opposizioni, all’indomani del voto in Lombardia e nel Lazio ringhiano intorno alle briciole lasciate dal centrodestra. Il Pd mette in risalto il risultato favorevole nelle grandi città, soprattutto in Lombardia, ma analizzando i dati del voto – come mostra uno studio YouTrend per SkyTg24 –, più che una conquista sembra l’ultima resistenza a un assedio. In Lombardia i Dem vincono in tre grandi città su quattro (Milano, Bergamo e Brescia, perdendo a Monza), ma ottengono percentuali esigue nel resto della Regione, mentre nel Lazio, a Roma, il partito è sempre più stretto nei quartieri della Ztl. A ravvivarsi, nell’analisi della sconfitta, è solo il duello tra i contendenti alla segreteria. Elly Schlein vuole rivoltare il Pd e puntare a fargli «fare la sinistra». Difficile però voler rifondare tutto – le fa notare l’avversario Stefano Bonaccini – se a sostenere Schlein c’è la stessa classe dirigente che ha portato il partito a questo punto. Semmai, il Pd va «rigenerato», sostiene Bonaccini, in senso «riformista e liberale». Oltre le schermaglie lessicali, però, nulla si muove. Nemmeno negli equilibri delle alleanze. Nessuno tende una mano, nonostante le divisioni, al momento del voto, siano un elemento che ha pesato. Lo dimostra uno studio di Swg effettuato nei giorni che hanno preceduto le elezioni, in cui si mostrano le intenzioni di voto degli elettori di centrosinistra. La stragrande maggioranza di loro – sostiene Swg – era destinata a rimanere fedele all’area di riferimento e al partito già votato in passato. Solo il Terzo Polo in Lombardia, con la candidatura di Letizia Moratti, sarebbe riuscito a “rubare” qualche punto al centrodestra. Ma pochi, e comunque non sufficienti a evitare un disastro. Risultato che per il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, è stato «peggiore delle aspettative, anche se fisiologico per delle elezioni regionali», scrive nella sua enews, mentre il segretario di Azione Carlo Calenda arriva a incolpare chi è andato alle urne: «Gli elettori decidono ma non hanno sempre ragione. Altrimenti non saremmo messi così».
Lo dicono anche i Cinque Stelle, che a livello locale non vanno bene da dieci anni, e ripartono dall’elezione dei coordinatori provinciali, nominati in serata da Giuseppe Conte. L’ex presidente della Camera Roberto Fico però rivendica la corsa in solitaria dei pentastellati nel Lazio. È insomma, è tutto un parlarsi addosso, nel campo progressista, ma di un’intesa tra le opposizioni, a livello nazionale, neanche l’ombra. Bonaccini ci prova, ma l’invito viene recapitato con uno schiaffo: «Calenda e i Cinque Stelle, avendo perso peggio del Pd, devono porsi il problema che senza di noi non vanno da nessuna parte». Con queste premesse, sarà difficile andare da qualche parte insieme. —