


C’è un’abitudine diffusa, soprattutto tra gli anziani ma non solo, che merita maggiore attenzione: modificare i farmaci prescritti. Spezzare una compressa, tritarla o aprire una capsula per mescolarla nel cibo può sembrare una soluzione pratica. Spesso non lo è. E può diventare un rischio.
Una recente ricerca condotta nelle Rsa italiane mostra che ogni anziano assume in media circa otto farmaci al giorno. Un numero elevato, che aumenta il pericolo di interazioni tra principi attivi e rende ancora più importante rispettare modalità e orari di assunzione.
Il dato più critico riguarda proprio la manipolazione dei medicinali: una compressa su tre viene spezzata o triturata e una capsula su quattro viene aperta. In una quota significativa di casi, queste pratiche compromettono l’efficacia e la sicurezza delle terapie.
Il punto è semplice e vale anche fuori dalle strutture sanitarie: un farmaco non è solo “cosa” si prende, ma “come” e “quando” lo si prende. Alcune pillole sono progettate per sciogliersi lentamente o per proteggere lo stomaco. Alterarle significa cambiare la cura senza consultare il medico.
A questo si aggiunge un problema molto diffuso: la scarsa aderenza alle terapie. Le cosiddette “vacanze dai farmaci”, le dosi saltate per scelta o distrazione, sono frequenti soprattutto nelle malattie croniche silenziose come ipertensione e colesterolo alto. Non fanno male subito, ma i danni arrivano nel tempo.
Il messaggio è chiaro:
- non modificate i farmaci prescritti senza parlarne con il medico;
- rispettate sempre orari e posologia;
- se una compressa è difficile da deglutire, chiedete alternative adeguate;
- curate il rapporto medico–paziente: è la base di ogni terapia efficace.
I farmaci non sono un dettaglio. Sono strumenti di cura. Usarli bene significa proteggere la salute, non metterla a rischio.
