L’avvocato in cravatta e panciotto osserva la pista di pattinaggio e concede selfie. Tra Babbi Natale finti e sorrisi altrettanto fittizi, Giuseppe Conte se ne va a zonzo per Atreju dopo un’ora di corpo a corpo con la platea della festa di Fratelli d’Italia, incuneata sotto Castel Sant’Angelo. “Lui non è scappato mentre c’è chi lo ha fatto, riconosciamogli il merito del coraggio” lo introduce la meloniana Augusta Montaruli, con chiaro riferimento a Elly Schlein. Così eccolo l’ex premier, sul palco assieme al direttore del Giornale ed ex parlamentare del Pd Tommaso Cerno, il suo intervistatore (sostituto in extremis di Paolo Del Debbio).
Pochi minuti prima su quelle assi di legno a discutere di riforme c’era anche Matteo Renzi, cioè quello che portò Cerno in Parlamento, e che Conte evoca presto quando si litiga sul Superbonus (“fu lui a far cadere il mio governo”). Il fu rottamatore è l’altro convitato di pietra, assieme ovviamente a Schlein, che voleva il confronto a due con Giorgia Meloni e ha rifiutato quello a tre anche con Conte. Cerno cerca subito il varco: “C’è una sedia vuota qui, è contento di essere da solo?”. Ma l’avvocato ribalta: “Meloni aveva esteso l’invito anche a me, poteva esserci lei da buona padrona di casa”. Però l’ex premier ha urgenza soprattutto di attaccare FdI sul suo terreno, cioè su sicurezza e migranti. Parla di “rapine e scippi che aumentano”, di decreti “inutili che vogliono solo colpire il dissenso”. È un climax: “Meloni aveva promesso i blocchi navali e parlava di sostituzione etnica, ma gli sbarchi sono aumentati rispetto a quando governavo io, e il Piano Mattei è affogato nel Mediterraneo”. La platea reagisce, sono le prime urla e qualche fischio. Conte non smussa, insiste sul “concetto di onore”. Cerca il duello. “Dal 2026 gli immigrati passati per l’Italia per andare in altri Paesi verranno tutti rimandati da noi, quando ero premier Angela Merkel mi chiedeva di continuo una norma del genere e io le ripetevo sempre no”. Ovviamente arriva ai centri in Albania: “Non funzionano, era chiaro dall’inizio”. Da qui si precipita all’anticipo di campagna sul referendum, cioè allo scontro sulla giustizia. Cerno gli evoca il caso dei carabinieri ancora sotto inchiesta per il caso dei due ragazzi marocchini morti a Milano durante un inseguimento, un anno fa. Lo dipinge come uno scandalo. Conte la mette diversamente: “Lo dico da avvocato, facciamo lavorare i giudici”. La folla s’imbizzarrisce, lui replica: “Volete essere voi, i giudici?”. Nella tensostruttura comincia a fare caldo, non solo per i condizionatori. Conte teorizza che la separazione delle carriere è inutile – “alla giustizia servono concorsi e investimenti” – e Cerno rilancia sul sorteggio contro le correnti. “Ma i magistrati non sono mica tutti di sinistra, e i bravi vanno scelti” ribatte l’ex premier. La platea insorge: “Seeee”. Conte non rallenta: “Dovunque viene fatta la separazione, un attimo dopo i pm vengono asserviti al governo”. Boati di disapprovazione, qualche applauso (attivisti 5Stelle, giovani). Poi si va sul Pd: “Non siamo alleati, dopo il nostro cantiere sul programma ci confronteremo con le altre forze, in autunno”.
Conte non ha voglia di parlare di primarie e leadership, prende tempo sulla legge elettorale. Naturalmente, fa muro sul superbonus: “È una superscusa, dovevate parlarne con Giancarlo Giorgetti, che è stato qui e fu ministro per tre anni senza toccarlo: è vigliacco chiederne conto a me”. Ripete la linea sull’Ucraina: “L’Italia e la Ue non contano nulla, hanno scommesso sulla vittoria sulla Russia. Ma io non sono Salvini, che vota sempre per l’invio delle armi e fece il patto con Russia Unita”. Quindi, la stoccata a Meloni: “Non è patriottico andare a inginocchiarsi a Trump, comprando gas e armi”. La folla esplode, il dominus della festa Giovanni Donzelli interviene dal microfono: “Boni”. Conte risponde: “Se volevate sentire la musica che sentite tutti i giorni non dovevate invitarmi”. Finale sulla commissione Covid: “È stata fatta su pressione dei no-vax, e durante i lavori la maggioranza non cita mai Mario Draghi: eppure fu lui varare il green pass e l’obbligo vaccinale per gli over 50. Avete un problema anche nel nominarlo”. Finisce qui. Applausi. Cerno e Donzelli gli mostrano tre vignette di Osho sul maxi-schermo, lievi. Poi Conte esce per un giretto tra i mercatini con il meloniano e la 5Stelle Vittoria Baldino. E sembra contento.