
In Piemonte il termovalorizzatore del Gerbido è diventato una macchina da profitti: brucia senza sosta, produce utili milionari e permette ai comuni di vantare tariffe più basse. Quello che non si dice mai è l’altra faccia della medaglia: un impianto che funziona solo se alimentato continuamente, che genera enormi quantità di ceneri speciali e che oggi chiede di ampliarsi per non inceppare il proprio business.
Ed è proprio questo modello che qualcuno vorrebbe esportare in Liguria.
La Liguria senza strategia: emergenza permanente e zero visione
Da noi la situazione è quasi grottesca: discariche vicine alla saturazione, nessun impianto operativo, una Tari tra le più alte del Nord Ovest e una Regione che da anni rimanda ogni decisione. Nel frattempo Amiu spedisce rifiuti fuori regione a costi insostenibili, mentre c’è chi continua a illudersi che la soluzione sia “fare come Torino”.
Ma la Liguria non è il Piemonte. E soprattutto la Val Bormida non è una casella vuota su una mappa.
La valle che ha già dato: e ora dovrebbe pagare di nuovo?
Proprio sulla Val Bormida, martoriata per un secolo da attività industriali e inquinamenti storici, qualcuno vorrebbe piazzare un inceneritore. Comodo, vero? I rifiuti li producono altrove, i profitti li fanno altrove, e i rischi sanitari si scaricano qui.
E i dati piemontesi parlano chiaro. Incenerire non significa eliminare: significa trasformare. Un quarto dei rifiuti diventa ceneri da smaltire in discariche speciali. Basta guardare la montagna di materiale abbandonato a Bragno per capire cosa comporta convivere con questi scarti.
Le emissioni, pur filtrate, non spariscono: si disperdono nell’aria. In una valle chiusa come la nostra restano intrappolate.
Il mito dell’energia e della Tari più bassa
L’energia prodotta da un inceneritore è poca e non compensa in alcun modo i costi ambientali. La promessa della Tari più bassa è una leggenda metropolitana: c’è chi continua a raccontarla, ma la realtà è che gli impianti devono essere alimentati continuamente per restare economicamente sostenibili.
Non è un caso che l’impianto “virtuoso” di Copenaghen oggi importi tonnellate di rifiuti dall’estero pur di non finire in perdita. E infatti l’Europa chiede di ridurre la capacità di incenerimento, non di costruire nuovi impianti.
La Val Bormida non è la soluzione comoda di nessuno
C’è un punto che va messo nero su bianco: la Val Bormida non è una riserva di sacrificio. Non è un territorio periferico da usare quando serve. È una comunità che ha già pagato abbastanza e che oggi chiede sviluppo vero: bonifiche, lavoro pulito, innovazione, turismo, energia rinnovabile. Non un camino.
Chi pensa di venire qui con la lista delle compensazioni in mano troverà una valle che non è più disposta a ingoiare nulla. Perché questa volta non si tratta solo di un impianto: si tratta del futuro.
La soluzione esiste ed è l’opposto dell’incenerimento
Riduzione dei rifiuti, riciclo spinto, innovazione, centri di recupero e remunerazione dei materiali, responsabilità dei territori che producono più scarti: è così che si chiude davvero il ciclo dei rifiuti.
Un inceneritore è la scorciatoia di chi non vuole affrontare il problema. Ma una scorciatoia che pagheremmo noi, e per decenni.
La Liguria non ha bisogno di un camino: ha bisogno finalmente di una strategia.
