Tommaso Fregatti / genova
Non è la trama del fortunato film del regista Sydney Sibilia “Smetto quando voglio” ma poco ci manca. Nella pellicola di successo a produrre e spacciare droghe intelligenti per far fronte ad una precarietà lavorativa cronica era stato un gruppo di brillanti ricercatori universitari. In questa nuova vicenda giudiziaria, invece, emersa grazie ad un’indagine dei carabinieri del Nas nelle palestre del savonese, sono stati un gruppo di insospettabili tra i 30 e i 40 anni. 
Cinque persone tutte residenti a Savona con una doppia vita – impiegati, operai e imprenditori – che hanno realizzato un laboratorio clandestino nella zona di Albissola per produrre sostanze dopanti da vendere sul mercato nero. E dove la condizione di acquisto era chiarissima ma anche decisamente innovativa: «si accettano solo pagamenti in cripto valuta». Tutti e cinque sono finiti nei guai ieri mattina quando alla porta del laboratorio (e delle loro abitazioni) hanno bussato i carabinieri del nucleo antisofisticazioni e sanità. I detective dell’Arma avevano intercettato questo giro illecito di doping nelle palestre del savonese e di lì avevano ricostruito tutta la filiera dello spaccio. In mano avevano un mandato di perquisizione firmato dal pubblico ministero Elisa Milocco che contesta ai cinque l’accusa di produzione di sostanze dopanti. 
Ma il blitz dei militari non si è fermato qui. Con la collaborazione dei reparti territoriali, i detective del Nas hanno effettuato sessanta perquisizioni in tutta Italia. E soprattutto in Liguria dove c’era il core business di questa produzione. E quindi Genova, Imperia, Savona. Ma anche Alessandria in Basso Piemonte, Ascoli Piceno, Bologna, Brescia, Cagliari, Campobasso, Como, Cremona, Cuneo, Ferrara, Lecce, Livorno, Milano, Modena, Monza, Novara, Padova, Parma, Pavia, Pescara, Ravenna, Reggio Calabria, Rimini, Roma, Salerno, Sassari, Siena, Teramo, Terni, Torino, Treviso, Trieste, Udine, Varese, Venezia, Verona e Vicenza. Un elenco infinito. Che ha visto finire nel mirino quelle stesse persone che avevano ordinato il doping dal laboratorio savonese. 
Ora la posizione di queste persone è al vaglio dell’autorità giudiziaria. Se hanno utilizzato le sostanze anabolizzanti per uso personale o per migliorare il proprio aspetto fisico non rischiano conseguenze penali. E però se lo hanno fatto per partecipare a gare, incontri o attività agonistiche o amatoriali anche nel mondo del body building rischiano una denuncia penale. Spetterà ai Nas di concerto con la Procura fare questo genere di valutazione e ricostruirne l’utilizzo. Secondo quanto ricostruito dai militari i cinque savonesi mettevano in vendita i loro prodotti attraverso canali social. Avevano creato chat criptate su Telegram e Whatsapp dove i partecipanti erano filtrati e controllati. E dove occorreva essere presentati per poter entrare. 
La sostanza dopante veniva prodotta direttamente in laboratorio nel savonese. Qui arrivavano dal Sud Est asiatico le polveri con il principio attivo da utilizzare. «Venivano nascoste – spiega una qualificata fonte investigativa – in pacchi che viaggiavano via mare ed arrivavano nel porto di Savona». 
Anche su questo aspetto sono in corso approfondimenti investigativi. Che mirano ad individuare basisti o spedizionieri compiacenti che abbiano fatto arrivare illecitamente sul territorio ligure questo tipo di sostanze vietate. 
Secondo quanto ricostruito dai carabinieri del Nas le polveri venivano sciolte nel laboratorio di Albissola e quindi sistemate all’interno di piccoli flaconcini di plastica che venivano inviati, secondo le ordinazioni, in tutta Italia. Nel corso delle perquisizioni di ieri mattina sono stati sequestrati nel laboratorio, oltre al materiale e alle polveri, anche tutti gli attrezzi per il confezionamento del doping. Trovati all’interno di un computer anche ventimila euro in cripto-valute. Fondi che sono stati bloccati dai militari. —