SFUMA L’IDEA DI CAMBIARE LO STATUTO PER INDICARLA PREMIER IN CASO DI PRIMARIE

ALessandro Di Matteo
Roma
L’idea l’aveva lanciata Michela Di Biase domenica a Montepulciano, al raduno del “correntone” schleiniano: il Pd deve “blindare” la segretaria come candidata premier del partito in caso di primarie di coalizione. Formalmente un modo per mettere Elly Schlein al riparo dalle incursioni dell’alleato-concorrente Giuseppe Conte e anche dalle manovre centriste che guardano a Silvia Salis o Gaetano Manfredi. Le cose, però, si sono subito complicate e l’assemblea Pd del 14 dicembre rischia di trasformarsi in uno scontro trasversale agli schieramenti di maggioranza e opposizione interna. 
Sfuma l’idea di cambiare lo statuto del partito per sancire che in caso di primarie di coalizione l’unica candidata Pd sarebbe la segretaria. La minoranza ha già minacciato di disertare l’assemblea e, quindi, mettendo a rischio il quorum dei due terzi necessario per correggere lo statuto. Anche la cerchia di Schlein è dubbiosa, la leader Pd non vorrebbe imbarcarsi in una conta rischiosa né intende incassare l’accusa di fare e disfare le regole a suo vantaggio, dato che già al congresso scorso lo statuto fu modificato per farla partecipare. Il vero punto è che la corsa per le politiche del 2027 è ormai ufficialmente aperta, Schlein sa che nel Pd e nel “campo largo” sono in tanti ad avere idee diverse sulla leadership della coalizione e per questo già la scorsa settimana aveva risposto all’invito di FdI alla festa di “Atreju” ponendo la condizione di un faccia a faccia con Giorgia Meloni. Un modo per accreditare l’immagine della sfida tra le due leader, per fissare nell’immaginario l’idea che è lei la naturale alternativa di centrosinistra alla premier. Quella mossa era finita col rilancio velenoso di Meloni, che ha proposto di coinvolgere anche Conte. Assist subito raccolto dal leader M5s, che non aveva per niente apprezzato la mossa della leader Pd. L’idea d’indire l’assemblea per il 14 dicembre, giorno finale della festa di “Atreju”, segue lo stesso schema: imporsi come unica “anti-Giorgia”. Ma la riunione andrà preparata con cura, nei prossimi giorni, per evitare che sfugga di mano. Le tensioni attraversano anche i sostenitori di Schlein, il gruppo di Montepulciano vuole contare di più, come ha ricordato Andrea Orlando sabato: «Noi abbiamo una leadership ed è un asset importante. Ma abbiamo anche un partito, e lo dobbiamo utilizzare di più». Tra chi è vicino alla segretaria c’è chi non si fida della blindatura proposta a Montepulciano: «Quel voto rischia di essere un modo per cucinarla a fuoco lento e dà anche un’immagine di debolezza». L’area di Franceschini, Orlando, Provenzano lavora a una soluzione soft, non una modifica dello statuto ma un ordine del giorno da votare in assemblea. Documento su cui, però, la minoranza di Guerini, Delrio, Gori e Picierno potrebbe votare no. E tra i fedelissimi di Schlein diversi insistono per il congresso anticipato, strada che finora la segretaria ha voluto tenere come arma di riserva.