

Una sala consiliare così gremita non si vedeva da anni: cittadini ovunque, corridoi pieni, cartelli e striscioni con un messaggio chiarissimo: “No inceneritore”.
Sul tavolo, finalmente, la domanda che da mesi rimbalza per tutta la valle: Cairo vuole davvero il termovalorizzatore o sta solo prendendo tempo?
Il sindaco Paolo Lambertini ha ribadito il no dell’amministrazione, definendolo “fermo”, ma subito dopo ha spiegato che la discussione potrà aprirsi solo se e quando “la qualità dell’aria rientrerà nei limiti”. Una posizione che lascia più dubbi che certezze: oggi è no, domani – se l’aria migliora – chissà.
Le minoranze non l’hanno bevuta.
Giorgia Ferrari (Cairo in Comune) ha parlato apertamente di no condizionato, chiedendo una presa di posizione politica, non tecnica: “Dopo anni di aria avvelenata, perché mai dovremmo anche solo sederci a discutere un nuovo impianto impattante?”. Ha poi fatto il nome che nessuno voleva pronunciare: Italiana Coke, ricordando che finché quel nodo non sarà sciolto, la discussione è monca e ipocrita.
Fulvio Briano (+Cairo) ha rilanciato il referendum consultivo: “Basta guardare questa sala per capire cosa pensa la cittadinanza”. Ha smontato la formula del “no ma valutiamo”, sottolineando l’assurdità di considerare Cairo come sito papabile nonostante una raccolta differenziata tra le più virtuose.
Alberto Poggio (+Cairo) ha riportato tutti al 2014: la valle aveva scelto la via della raccolta differenziata spinta e del rifiuto della combustione e delle discariche. “Abbiamo già un biodigestore: perché cambiare rotta ora?”.
Nelle conclusioni Lambertini ha assicurato che non esiste alcun progetto, nessun accordo di programma, nessuna interlocuzione con aziende interessate. Ha definito “invenzioni” le voci su baratti o espropri e ha ricordato che il Comune, in passato, ha già respinto altre proposte industriali.
Resta però il punto politico: la cittadinanza, ieri sera, ha chiesto una cosa sola, chiarissima e senza asterischi: un NO definitivo, non negoziabile all’inceneritore in Val Bormida.
Non perché lo dica solo l’aria – che pure parla da sola – ma perché lo dice un territorio che ha già dato, e dato troppo.
La palla ora passa alla politica. Quella vera. Non ai tavoli tecnici, non agli studi, non alle attese. Cairo vuole respirare. Punto.


