C’è il paziente oncologico pugliese che dovrebbe aspettare un anno per la Tac e allora paga 320 euro, l’associazione Abaco di Napoli legata al sindacato Usb che fa le diffide alle Asl e spesso ottiene che gli appuntamenti siano anticipati, agende di prenotazione chiuse (così non c’è ritardo) perfino nell’Emilia-Romagna un tempo virtuosa. Ci ha sbattuto il naso l’ex sindaco di Parma, Pietro Vignali: “Nessuna data, neanche fra un anno, due anni, tre anni”, spiega a Report, che stasera torna sullo scandalo delle liste d’attesa della sanità pubblica ambulatoriale.
La trasmissione di Rai3 ci presenta almeno alcuni dei dati, che rimangono incredibilmente segreti – su richiesta delle Regioni (vedi “Sanità: inciucio FdI-Pd per insabbiare il flop sulle liste d’attesa”, Il Fatto 4 settembre 2025) – a un anno e mezzo dal decreto 73/2024 con cui Giorgia Meloni annunciava una svolta epocale alla vigilia delle Europee. La Regione messa peggio, secondo i dati di gennaio-settembre 2025 consegnati a Report da un funzionario ministeriale, è la Puglia, dove oggi e domani fino alle 15 si vota. Rilevate 390 criticità per i ritardi delle visite: quelle urgenti erogate nei tempi previsti sono solo il 27%, le brevi il 25% le differibili il 28%. Seguono Lazio (190 criticità) e Campania (185). La Puglia ha il record anche sugli esami, 264 criticità, seguono Emilia-Romagna (153) e Piemonte (148).
Al Policlinico di Bari visite cardiologiche richieste a dieci giorni sono fissate a oltre sei mesi. Raffaele Piemontese, vicepresidente e assessore alla Sanità, chiede scusa e poi spiega che gli mancano i cardiologi e che ci sono troppe “richieste inappropriate”.
Nel Lazio, al di là di qualche miglioramento, è noto il maquillage propagandistico: il presidente Francesco Rocca vanta il 96% di prestazioni nei tempi previsti solo perché scorpora dal monitoraggio, legalmente, i casi in cui il paziente rifiuta la prima offerta, che però nel Lazio sono l’88-90% del totale contro una media nazionale attorno al 40%, quindi il record di Rocca si calcola solo sul 10-12% (“Trucco del Lazio per cancellare le liste d’attesa. Rissa nella destra tra il ministero e la Regione”, Il Fatto 15 novembre 2025). Nel Lazio c’è solo il 40% delle visite a dieci giorni nei tempi previsti, solo il 27,6% delle differibili, solo il 60% delle programmabili. Poi ci sono i trucchetti della Campania, dove pure si vota. Il presidente uscente Vincenzo De Luca proclama grandi successi, ma per Report è “un disastro”. Dilagano le prescrizioni P (programmabile, 120 giorni): al 79% (visite) e al 93% (esami) contro il 38 e il 51% nazionali. Attese anche di oltre un anno. Ora Report scopre che spesso sono annotati rifiuti della prima offerta smentiti dagli interessati. De Luca minaccia querele.
Il decreto 73/2024 prevedeva una piattaforma nazionale per consentire a tutti di conoscere i tempi di attesa e un organismo ministeriale chiamato ad agire al posto delle Regioni inadempienti. Non ci sono neanche i dati pubblici, anzi solo Lazio e Basilicata li mandano al ministero senza elaborarli; figuriamoci l’organismo di controllo. Il ministro Orazio Schillaci promette di pubblicare i dati e annuncia assunzioni. Ma intanto crescono sanità privata, intramoenia e rinuncia alle cure. I soldi stanziati dal governo se ne andranno per lo più in farmaci.