
L’idea di costruire un inceneritore in Val Bormida viene presentata come una scelta “moderna”, ma in realtà è l’esatto contrario: bruciare rifiuti è una tecnologia superata, costosa, inquinante e già abbandonata in molti Paesi europei. Riproporla oggi in una valle fragile e segnata da un secolo di industria chimica significa ignorare storia, salute e futuro del territorio.
Un modello sorpassato in tutta Europa
La Danimarca – spesso citata come esempio – ha annunciato una riduzione del 30% della capacità di incenerimento entro il 2030. Olanda, Belgio, Norvegia e Germania stanno facendo la stessa cosa: costi elevati, troppa CO₂, freno all’economia circolare.
Gli inceneritori devono essere alimentati ogni giorno: per questo rallentano il riciclo e costringono importare rifiuti da altri territori. È un modello che non funziona più.
Costi elevati, benefici inesistenti
Gli inceneritori non chiudono il ciclo dei rifiuti: producono grandi quantità di ceneri tossiche, nanoparticelle non filtrabili e CO₂. Inoltre:
- non riducono la TARI (le tariffe le stabilisce ARERA);
- non possono offrire compensazioni economiche, vietate dall’UE;
- generano pochissimi posti di lavoro e nessun indotto reale.
Si tratta di impianti costosi che servono soprattutto a chi li costruisce e li gestisce, non ai cittadini.
Punti chiave del NO in Val Bormida
1. Nessun turista vuole un inceneritore dietro casa
Impatto negativo su paesaggio, turismo lento, agriturismi ed eccellenze agroalimentari.
2. Possibili miasmi e odori
Nessuna tecnologia garantisce l’assenza di problemi olfattivi.
3. Incidenti e dispersioni
In una valle chiusa gli inquinanti si fermano e ricadono sulle abitazioni. Il rischio zero non esiste.
4. Una valle con dati sanitari già fragili
Quasi tutti conoscono qualcuno colpito da tumore. Aumentare le emissioni sarebbe irresponsabile.
5. Nessun valore aggiunto
Un inceneritore non è sviluppo: non crea filiere, non crea innovazione, non porta indotto.
6. La TARI non scenderà
ARERA fissa le tariffe e l’UE vieta benefici per chi ospita nuovi impianti. L’esperienza dice che spesso le tariffe aumentano.
7. Le compensazioni sono un’ammissione di danno
Se devi “compensare” un territorio, significa che gli stai imponendo un sacrificio.
8. Non è vero che diciamo “no a tutto”
La Valle ha bisogno di altro: infrastrutture, sanità H24, strade, raddoppio ferroviario, politiche sociali e incentivi per ripopolare l’entroterra.
Le alternative moderne esistono già
La direzione indicata dall’Europa è chiara: riduzione, riuso, riciclo spinto, impianti di selezione, compostaggio e digestione anaerobica. Modelli come i CRRM permettono di superare l’80–90% di differenziata reale, con meno costi e senza devastare il territorio.
Conclusione
Bruciare rifiuti non è innovazione: è arretratezza. Riproporlo in Val Bormida, dove la storia ci ha già presentato un conto drammatico in termini di salute e inquinamento, significa ripetere gli errori del passato. La valle merita scelte moderne e lungimiranti, non un camino che brucia per trent’anni.
