Tra illusioni mediatiche e incapacità politica

Lo stop della Corte dei conti non è un fulmine a ciel sereno. È l’inevitabile epilogo di un progetto che non sta in piedi, un castello di carte costruito sulla propaganda. I magistrati contabili hanno negato il visto di legittimità alla delibera Cipess sul Ponte, cioè hanno detto chiaramente che i conti non tornano e i documenti mancano. E quando un’opera è solida, regge davanti a qualunque verifica; se invece crolla alle prime carte, il problema non sono “le toghe”, ma chi le carte non le ha fatte.

Il Ponte sullo Stretto — diventato ormai il simbolo personale di Matteo Salvini — mostra tutta la fragilità di un Governo che confonde la comunicazione con l’amministrazione. Non esiste un quadro certo sul traffico reale, sui costi lungo l’intera vita dell’opera, sulle coperture e sui rischi. I numeri ballano, le stime sono gonfiate, i costi di manutenzione risultano esorbitanti. Eppure, ci si è presentati al controllo contabile con l’arroganza di chi crede che basti uno slogan per costruire un’infrastruttura.

Davanti allo stop, la reazione del ministro è stata prevedibile: la solita invettiva contro giudici e burocrazia, seguita dall’ennesimo “andremo avanti”. Ma se tutto fosse stato studiato a tavolino? Perché gridare allo scandalo e poi improvvisamente abbassare i toni? Forse perché questo “Ponte” non doveva mai nascere davvero. Doveva solo esistere come racconto, come bandiera identitaria, come clava da agitare in campagna elettorale. Un perfetto cantiere mediatico, utile per distribuire incarichi, alimentare cerchi di potere, garantire visibilità e distrarre l’opinione pubblica dai problemi veri.

“Se si parla del Ponte, non si parla dei veri problemi del Paese.”

Il Paese reale, infatti, è pieno di infrastrutture già progettate, già finanziate e soprattutto già utili — strade provinciali sfondate, ferrovie da mettere in sicurezza, scuole e ospedali da ristrutturare — che aspettano solo di essere completate. Ma lì non ci sono riflettori, non ci sono comizi, solo lavoro serio, paziente e silenzioso.

Questo governo, invece, preferisce i palchi ai cantieri, le dirette ai dossier, le foto alle relazioni tecniche. E quando i conti non tornano, la colpa è sempre di qualcun altro: Bruxelles, Roma, i giudici, gli ambientalisti.

La verità è che l’Italia ha bisogno di ministri competenti, non di prestigiatori mediatici. Un ministro dei Trasporti serio non dovrebbe trasformare il Ministero in una campagna elettorale permanente, né permettere che i suoi collaboratori — alcuni ancora indagati — restino serenamente al loro posto come se nulla fosse. Un governo credibile si giudica dai risultati, non dalle dirette Facebook.

Oggi il “Ponte di Salvini” è solo un’ombra: un progetto bocciato, privo di basi tecniche, economiche e politiche. Non un simbolo di progresso, ma l’ennesima dimostrazione di una classe dirigente che gioca con i sogni degli italiani per nascondere la propria mediocrità.

Pubblicato su infoloreleca.com – novembre 2025