
A Bragno di Cairo Montenotte, nel cuore della Val Bormida, sono rimaste per anni migliaia di tonnellate di ceneri tossiche provenienti dal termovalorizzatore del Gerbido di Torino. Quelle polveri, mai trattate come previsto, raccontano la verità che nessuno vuole vedere: gli inceneritori non eliminano i rifiuti, li trasformano in scarti ancora più pericolosi.
Dal Gerbido a Bragno: un viaggio nel lato oscuro del riciclo
Nel capannone della ECOCEM Srl, azienda con sede legale a Roma ma operativa a Cairo Montenotte, dovevano arrivare soltanto 4.500 metri cubi di ceneri da trattare e riutilizzare per produrre cemento.
Quando, però, i Carabinieri del NOE effettuarono un sopralluogo nel maggio 2022, trovarono oltre 27.000 metri cubidi residui grigi, derivanti dalla combustione dei rifiuti torinesi.
Sulla carta, la ditta avrebbe dovuto inertizzare quei materiali, seguendo passaggi tecnici precisi:
- Neutralizzazione chimica con calce o leganti idraulici per stabilizzare metalli pesanti e acidi;
- Solidificazione in matrici cementizie per ridurre il rilascio di sostanze tossiche;
- In alcuni casi, vetrificazione termica per inglobare gli inquinanti a oltre 1.200 °C.
In realtà, nulla di tutto questo è avvenuto.
Le stesse montagne di ceneri sono rimaste identiche per tre anni, fino alla revoca definitiva dell’autorizzazione da parte della Provincia di Savona nel luglio 2025.
“L’autorizzazione è stata revocata – ha dichiarato il presidente Pierangelo Olivieri – e abbiamo imposto il ripristino dello stato dei luoghi e l’escussione della garanzia finanziaria.”
Un ciclo che non si chiude
Anche quando l’inertizzazione viene eseguita, la pericolosità delle ceneri non scompare: viene incapsulata.
Gli inquinanti non si dissolvono, ma vengono trasferiti nei manufatti che ci circondano — marciapiedi, pavimentazioni, muri, case.
Ciò che non respiriamo più dai camini degli inceneritori può tornare, silenziosamente, nelle nostre città e nei nostri corpi.
Il Comitato No Inceneritore Val Bormida, che riunisce 16 associazioni di Liguria e Piemonte, ha denunciato:
“La storia delle ceneri rimaste per anni in un capannone incustodito è l’ulteriore conferma che la Val Bormida ha già pagato duramente il prezzo di scelte industriali sbagliate. Non possiamo continuare a essere il deposito finale altrui.”
Il paradosso della “chiusura del ciclo”
Mentre i sindaci di Cairo, Carcare, Cengio e Millesimo dichiarano di voler “valutare il progetto del termovalorizzatore”, la realtà è sotto gli occhi di tutti: le ceneri del Gerbido dimostrano cosa produce davvero un inceneritore.
Dietro l’illusione di un’economia circolare si nasconde una circolazione del veleno: i rifiuti vengono bruciati, trasformati in ceneri, e poi riportati nella nostra quotidianità sotto nuove forme.
Finché continueremo a credere che il fuoco risolva tutto, continueremo a respirare le sue ceneri.
Il ciclo dei rifiuti, in Italia, non si chiude: si accumula, si travasa, e ci torna addosso.
