
Legge. Riunioni di FdI e a Chigi, il governo vuole dei testimonial: tra le idee l’ex pm di Mani Pulite, Palamara e Mori. La Russa: “Forse non valeva la pena”
Giacomo salvini
Domani la maggioranza approverà in via definitiva al Senato la riforma costituzionale della separazione delle carriere, ma la destra sta già pensando al referendum confermativo che si terrà in primavera. Mentre l’Associazione Nazionale Magistrati e le opposizioni punteranno sulla politicizzazione del referendum e sul pericolo della svolta autoritaria (“il pm sotto l’esecutivo”), la maggioranza costruirà la campagna sugli errori giudiziari, sulle lentezze della giustizia e sulla “casta” delle correnti.
Per fare questo però deve trovare dei testimonial da contrapporre a colui che viene indicato come il principale e più popolare sostenitore del “no”, cioè il procuratore di Napoli Nicola Gratteri. In queste ore a destra si stanno valutando diversi profili con interlocuzioni informali e alcuni “no” già ricevuti (come quello di Gaia Tortora): una figura che piace è l’ex pm di Mani Pulite Antonio Di Pietro, ma anche il generale Mario Mori e l’ex magistrato Luca Palamara, autore di un libro sulla degenerazione delle correnti.
Raccolta firme
Le riunioni di Fdi e a Palazzo Chigi
La prima riunione operativa è stata lunedì a via della Scrofa a cui hanno partecipato i vertici di Fratelli d’Italia tra cui Giovanni Donzelli e i capigruppo Galeazzo Bignami e Lucio Malan. È stato fatto il punto della situazione sui tempi dell’approvazione della riforma – domani mattina al Senato – e poi organizzato un flash mob dopo il voto, fuori da Palazzo Madama. Si è parlato anche del referendum: l’idea è quella di raccogliere le firme tra i parlamentari il prima possibile – magari coinvolgendo anche i centristi di Carlo Calenda – per poi presentarle in Cassazione e chiedere la consultazione a metà marzo. Una mossa per dimostrare che Fratelli d’Italia cercherà il consenso popolare sulla riforma.
Sulla strategia referendaria, invece, sono state convocate alcune riunioni nel fine settimana o al massimo a inizio della prossima a Palazzo Chigi. La linea sarà decisa direttamente dalla premier Giorgia Meloni e dal responsabile comunicazione del governo Giovanbattista Fazzolari. Il primo obiettivo è quello di non “politicizzare” la riforma come vorrebbero le opposizioni trasformandolo in un referendum pro o contro Meloni. Stessa posizione di Calenda: “Serve un referendum meno politicizzato possibile”, dice al Fatto. Uno scenario che spaventa i vertici di Fratelli d’Italia tanto che ieri il presidente del Senato Ignazio La Russa ha detto di essere d’accordo con la riforma, ma di non sapere “se il gioco vale la candela”.
L’obiettivo di Palazzo Chigi – tutti e tre i partiti di maggioranza formeranno i comitati referendari – è quello di puntare la campagna su una strategia più popolare: incentrarla sui molti errori giudiziari (dai casi di Berlusconi a Garlasco passando per Tortora), ma anche sui presunti privilegi della “casta” dei giudici fino alle “incrostazioni delle correnti”. Tutto inquadrabile in un concetto semplice e comprensibile ai cittadini: “Chi sbaglia paga”.
Il principale obiettivo sarà proprio Gratteri che è la figura più rappresentativa e più popolare – del fronte del “No”. Gli esponenti di maggioranza hanno già pronte le card e gli slogan sulle dichiarazioni del procuratore di Napoli che si diceva favorevole al sorteggio per il Consiglio Superiore della Magistratura. Lo stesso anche nei confronti del magistrato antimafia Nino Di Matteo (contrario alla riforma) che la scorsa settimana ha lasciato l’Anm perché “ostaggio delle correnti”. Tra le card social ce ne sarà anche una con Giovanni Falcone e la sua ormai celebre frase a favore della separazione delle carriere.
Nomi
La ricerca dei testimonial
Così il centrodestra è alla ricerca dei nomi, anche se un anti-Gratteri non è ancora stato trovato. Uno è quello di Gaia Tortora, vicedirettrice del Tg La7 e figlia di Enzo, che è stata contattata informalmente, ma non farà da testimonial: “Voglio continuare a fare la mia battaglia in maniera libera”, dice contattata dal Fatto. Un altro nome potrebbe essere quello del presidente emerito della Corte costituzionale Sabino Cassese, ma viene considerato poco popolare e non troppo carismatico. Un volto conosciuto potrebbe essere l’ex pm di Mani Pulite Antonio Di Pietro che però ha qualche imbarazzo a fare la stessa battaglia dei berlusconiani. Palamara invece è considerato troppo divisivo.
Ieri però è avvenuto un piccolo incidente di percorso con il Guardasigilli che, parlando al Salone di giustizia, ha spiegato che dopo decenni di processi “a volte bisogna arrendersi perché è difficilissimo, dopo 20-30 anni, ricostruire la verità giudiziaria. Bisogna lasciare la verità agli storici” ha spiegato riferendosi al caso di Garlasco. Una dichiarazione in contraddizione con la campagna referendaria che si appresta a fare il centrodestra. Parole che hanno creato imbarazzo nella maggioranza.
Per tutto il giorno al Senato le opposizioni hanno preso la parola per denunciare gli effetti della riforma e provare a fare ostruzionismo, anche se in serata l’aula era vuota con i senatori della maggioranza che hanno deciso di disertare in massa la discussione generale. La maratona degli interventi terminerà domattina.
Forza Italia
Il possibile impegno di Marina B.
Anche Forza Italia spingerà molto sulla riforma: ieri il vicepremier Antonio Tajani ha annunciato un comitato referendario che sarà guidato dal deputato Enrico Costa e dal senatore Pierantonio Zanettin. I forzisti chiederanno anche un impegno diretto a Marina Berlusconi che sul Giornale ha sostenuto il governo Meloni sulla separazione delle carriere. Non è escluso che la primogenita dell’ex Cavaliere possa fare qualche evento pubblico in favore della riforma durante la campagna referendaria. “Lo auspichiamo, sarebbe un impegno importante”, spiega il portavoce di Forza Italia, Raffaele Nevi.
