
Più soldi per tutti. Meno controlli, leggi su misura dei contributori e miliardi di token gestiti dalla famiglia
Se c’è una cosa per la quale la seconda presidenza di Donald Trump passerà alla storia è il livello sfacciato dei conflitti di interesse. Dopo il ritorno alla Casa Bianca, “The Donald” ha messo il suo potere al servizio del suo clan e dei suoi alleati, spazzando via i non allineati, promulgando leggi a favore di chi ne ha finanziato la campagna elettorale e realizzando guadagni stratosferici per sé e famiglia. L’esempio più eclatante sono le criptovalute. In pochi mesi, grazie ai token digitali il patrimonio dei Trump è aumentato tra i 4 e i 5 miliardi di dollari, mentre solo gli utili pre-tasse, secondo il Financial Times, hanno superato il miliardo.
Il settore delle criptovalute in gran parte del mondo è di fatto ancora senza regole, senza controlli, preda di scorribande e truffe. Mentre l’Unione Europea ha cercato di dargli delle norme con il regolamento Micar, stringendo sui controlli, gli Stati Uniti hanno cambiato totalmente rotta in pochi mesi. Rispetto alla diffidenza legislativa e al contrasto alle frodi che erano la linea dell’amministrazione Biden, già durante la sua campagna elettorale Trump ha promesso un’inversione a 180 gradi. La mossa è stata decisa sulla spinta delle aziende cripto che sin dal 2023 hanno formato FairShake, un portafoglio di contributi elettorali che ha raccolto 260 milioni di dollari per sostenere i candidati pro-cripto, investendo due terzi della somma sui repubblicani. Trump aveva promesso ai contributori una svolta radicale ed è stato di parola. Il “cripto scettico” Gary Gensler si è dimesso da presidente della Sec (l’autorità di controllo Usa sui mercati finanziari), sostituito da Paul Atkins, sostenitore delle cripto. Washington ha varato norme a favore del settore, come il Genius Act firmato da Trump a metà luglio che apre le porte degli Usa alle stablecoin, le criptovalute agganciate al dollaro, ha graziato alcuni manager condannati e ha risolto inchieste e procedimenti amministrativi con soluzioni di favore per le aziende.
Ma Trump aveva cominciato a lucrare sulle cripto già prima del suo insediamento. Prima delle elezioni, Donald e consorte hanno lanciato le memecoin ufficiali Trump (che ha generato profitti per 362 milioni) e Melania (65 milioni di utili). Cantor Fitzgerald, società del segretario al Commercio Howard Lutnick, è la banca depositaria delle riserve da 150 miliardi della stablecoin Tether. I figli di Trump hanno fondato World Liberty Financial, una società di criptovalute alla quale partecipa anche l’inviato Usa per il Medio Oriente Steve Witkoff. La società ha raccolto miliardi tramite token e stablecoin, sta sviluppando una piattaforma cripto e ha lanciato la stablecoin Usd1, la quinta più grande al mondo. Eric, figlio del presidente, possiede il 7,5% della società di mining di bitcoin American Bitcoin Corporation, del valore di oltre 500 milioni. Trump Media & Technology Group (Tmtg), che controlla il social network Truth, opera da tesoreria di bitcoin. La Trump Organization, holding di famiglia, sta investendo in cripto e ha chiesto l’autorizzazione a lanciare un Etf su asset digitali.
Da queste operazioni l’Ft stima che la famiglia Trump abbia guadagnato oltre 1 miliardo di dollari in profitti pre-tasse. La sola World Liberty Financial avrebbe fruttato 550 milioni, la stablecoin Usd1 42 milioni, i token Wlfi oltre 500 milioni. Ma il patrimonio del presidente è cresciuto molto di più: la partecipazione di Trump in Tmtg è valutatata circa 1,9 miliardi di dollari, ma Donald detiene anche circa 15,75 miliardi di token Wlfi, per oltre 3,4 miliardi di dollari che salgono a 5 con le quote degli altri familiari. Le cripto sono ormai il cuore della ricchezza dei Trump. Nonostante le proteste dei democratici, che sollevano anche dubbi di insider trading, Trump tira diritto. La sfrontatezza, per ora, paga.
