” «Per il nuovo porta a porta servono 20 operatori in più»


il colloquio
Alberto Parodi / Savona
«Più personale più mezzi, più organizzazione. Semplice, questa è la mia ricetta, ma ci tengo a dirlo pubblicamente che finiva così: ” Io l’avevo detto “. Non ci sono spazzini, i pochi che ci sono hanno paura e sono minacciati dalla gente. Hanno solo una scopetta per pulire e non conoscono i nomi delle vie. Ne servirebbero almeno una ventina in più». Quello sulla raccolta differenziata in città con il nuovo metodo porta a porta adottato da Seas non è un j’accuse qualunque che arriva da un qualsiasi cittadino amareggiato dallo strato di sudiciume che ricopre la pavimentazione del centro “punteggiata” da tracce di escrementi e sporcizia ovunque. Ma arriva da Luigi Cavaliere, che si è conquistato sul campo il titolo di “memoria” e “coscienza critica” del caso rifiuti iniziato con l’ affaire dell’ex municipalizzata Ata (di cui Seas è emanazione) finita con i conti in rosso. Cavaliere, è stato un dipendente e sindacalista storico di Ata (era con la Cisl), tra i più duri contestatori della dirigenza finita a processo con l’azienda in fallimento. È stato processato, e assolto, in sede penale per assenteismo. Anche in sede civile un nulla di fatto. E adesso che è andato in pensione parla. Abita da qualche anno a Noli. Si è sfogato sui social. Non gli va giù che il sindacalista Rsu si sia presentato in consiglio comunale per non rispondere alle domande. Cavaliere è ancora una voce ascoltata tra dipendenti e sindacalisti. «Sono stato capozona per anni dell’Ata a Villapiana e Lavagnola, e parte dell’Oltreletimbro. Segnalavo tutti i giorni i tombini che erano da sistemare per evitare i rischi legati alle alluvioni. Ora non c’è più niente. Per un simile sistema di raccolta differenziata servirebbe almeno una ventina in più di addetti. Qualche anno fa ci spaccavamo la schiena, ma si lavorava in squadra con le autobotti, le spazzatrici, le lance . Ora mi sembra che manchi una guida. I pochi spazzini vengono abbandonati a se stessi, senza nessuno che li affianchi come tutor per un paio di giorni, insegnandoli il mestiere. Non sanno nemmeno come tenere lo scopino. Non conoscono i nomi delle vie. E sono vittime, ingiustamente di una caccia allo spazzino per il sudiciume che si vede in città ad ogni angolo. La gente esasperata se la prende con loro perché in loro identificano, ingiustamente, l’azienda Seas. E quindi subiscono le minacce e hanno paura di essere presi a schiaffoni, come mi dicono. Si è persa quella cultura del lavoro e quella professionalità che come sindacato mi aveva portato a segnalare cosa non funzionava». 
La ricetta per rimediare? «Auspico che il Comune e Seas si attivino, per quanto di loro competenza per ottenere eventuali possibili risarcimenti decisi dall’autorità giudiziaria. Magari sono soldi che potrebbero tornare utili per comprare mezzi e assumere personale. La mia ricetta? Troppe persone dimenticano che Savona oggi è in grandissima sofferenza grazie a quella gestione che ha portato al crac Ata». —