Quando la democrazia interna diventa debolezza politica: il Movimento 5 Stelle paga la mancanza di coesione più delle scelte elettorali.

Delle elezioni regionali in Toscana si è parlato poco, quasi fossero un evento marginale. Un silenzio che stride con l’abitudine dei media a celebrare ogni vittoria del centrodestra. Stavolta, però, la destra ha perso, e quando Meloni e i suoi perdono, cala il silenzio.

Al di là della cronaca, il voto toscano impone una riflessione più profonda, soprattutto dentro il Movimento 5 Stelle. Non tanto per il risultato elettorale, quanto per ciò che ha mostrato: la difficoltà crescente di accettare le decisioni collettive e di sostenere la linea maggioritaria anche quando non coincide con le convinzioni personali.

In Toscana, gli iscritti erano stati chiamati a decidere se presentarsi alle elezioni regionali da soli o in coalizione con il Partito Democratico. Ha prevalso la seconda opzione. Ma una parte consistente del Movimento non ha accettato l’esito della consultazione interna e ha scelto di tirarsi indietro, disimpegnarsi o criticare apertamente la linea decisa. Il risultato è stato un indebolimento complessivo del Movimento, che ha pagato la mancanza di coesione più del peso elettorale della scelta in sé.

Il problema, più che politico, è culturale. L’idea di “essere diversi” dagli altri partiti si è spesso trasformata in un individualismo esasperato: se non ho ragione io, allora mi ritiro. Un atteggiamento che finisce per assomigliare a quello di chi non vota, convinto di punire il sistema ma che, in realtà, ne rafforza lo status quo.

Ritirarsi, in politica, non è mai un atto neutrale. Significa lasciare spazio agli altri e indebolire la propria rappresentanza. Un movimento che ambisce a essere comunità deve saper accettare la dialettica interna, le differenze e i compromessi. Vincere o perdere una consultazione interna non può tradursi in una resa personale, perché in quel caso a perdere è l’intero gruppo.

Si può discutere all’infinito se la scelta di allearsi con il PD sia stata giusta o sbagliata. Ma chi sostiene che, da soli, il M5S avrebbe superato la soglia di sbarramento prevista dalla legge elettorale toscana dimentica che quella soglia è una barriera reale, non teorica. Un movimento fuori dal Consiglio regionale non avrebbe avuto alcun peso politico, né possibilità di incidere.

Il vero punto è un altro: la credibilità del Movimento si misura nella sua capacità di restare unito anche dopo le votazioni interne, di sostenere le decisioni prese e di lavorare per obiettivi comuni. Se ogni votazione diventa un motivo di scissione, allora il Movimento perde la sua forza propulsiva e si condanna all’irrilevanza.

In Toscana non è mancato il consenso potenziale. È mancata la coesione. E senza coesione, nessun risultato può cambiare davvero il corso delle cose.