Ufficialmente dicono che è troppo presto per parlarne, ma nei fatti tutti stanno già preparando la partita. Stringendo accordi trasversali, immaginando regole, ragionando su truppe effettive e avversari possibili. Le primarie per scegliere il candidato a Palazzo Chigi del centrosinistra sono una storia già iniziata, per ora appesa ai condizionali. Con Elly Schlein che alla festa del Fatto sabato ha aperto implicitamente alla possibilità di mettersi in gioco: “Sceglieremo il candidato con la coalizione”. Mentre il giorno dopo, dallo stesso palco, Giuseppe Conte ha giurato che “per me non sarà mai un tema di ambizione personale”, ossia che per lui non è un’ossessione ridiventare premier.
Ieri, però, su Repubblica, il dem Dario Franceschini ha tirato una linea: “Giorgia Meloni potrebbe cambiare la legge elettorale, pensando di metterci in difficoltà con l’indicazione del candidato presidente del Consiglio sulla scheda elettorale. Ma noi troveremmo comunque il modo di indicarlo prima del voto, e le primarie sono la possibilità più concreta”. In allegato, una considerazione già fatta sabato alla festa dell’Unità (con Conte che gli sedeva accanto): “È finita l’era dei leader moderati per vincere le elezioni”. Affermazione che certifica un dato ormai evidente nei palazzi: non è tempo per presunti “federatori”. Dalle parole si può allora passare ai movimenti in corso. Con il leader dei Cinque Stelle che questa estate ha stretto accordi ovunque con dem e progressisti per le Regionali, con plurimi scopi. Il primo è radicare il Movimento nel centrosinistra e portarlo a governare altre Regioni, anche per rafforzarne una classe dirigente ancora fragile. “Giuseppe vuole vincere davvero, sia a livello locale che nazionale, e ritiene alla portata battere Meloni” riassume un veterano dem. Ma Conte all’idea di tornare a Palazzo Chigi non ha mai rinunciato. E allora nell’accordo di ferro stretto mesi fa con il dem Antonio Decaro in Puglia, come nel sostegno alla fine concesso a Eugenio Giani in Toscana, c’è anche l’idea di indurre in tentazione leader e mondi dem in caso di partita nei gazebo.
Dall’altra parte, anche Schlein ha condotto la partita Regionali con un occhio agli equilibri interni e a voti da acquisire in caso di un congresso anticipato – che però appare sempre più lontano – o di voti da prendere per le primarie. A partire dal rapporto privilegiato con Michele Emiliano e dall’accordo per un congresso in Campania, con candidato unico Piero De Luca. In ambienti Pd si fa notare come – in caso di primarie di coalizione – tutti i dem dovrebbero sostenere Schlein, perché sottrarle voti significherebbe favorire Conte. Soluzione che in realtà non dispiace a tanti nel partito, convinti che la segretaria non sia adatta a fare la premier. Le manovre sottobanco potrebbero essere favorite da una candidatura alternativa nel Pd. Quella di Pina Picierno, per esempio. Ma proprio per scongiurare ipotesi simili, si lavorerà alle regole. Una potrebbe essere quella in base a cui non ci potrà essere più di un candidato per ogni partito. Mentre sembra naturale che possano correre tutti i leader della coalizione, compreso Nicola Fratoianni per Alleanza Verdi e Sinistra.
Difficilmente però si può pensare a un regolamento che escluda un ipotetico leader di centro. Anche se una figura del genere non si vede all’orizzonte, c’è la tentazione da parte di più mondi di puntare sulla sindaca di Genova, Silvia Salis. Spinta anche da Matteo Renzi, che continua a giocare su più tavoli. La competizione è futuribile, ma il gioco è iniziato.