Albisola, muri pericolanti nell’area ex industriale

La vasta area che ospita i vecchi edifici industriali lungo la sponda sinstra del Sansobbia di via Casarino, ad Albisola Superiore, essendo oramai pericolanti perché in abbandono dai primi Anni 80, crea seri pericoli. Nei giorni scorsi gli agenti della polizia locale fatto un sopralluogo in via delle Fascine, una traversa senza sbocchi di via Casarino, notando un muro pericolante. Avvertiti i vigili del fuoco per una verifica, è stato valutato un rischio per la pubblica incolumità causato dal muro malfermo del vetusto capannone ex industriale di proprietà della Società I.R. 3 Srl. di Tavagnacco (Udine). Il verbale dei pompieri ha prescritto l’interdizione e la chiusura della strada, fino alla verifica statica e messa in sicurezza della murata perimetrale e della struttura del fabbricato.
Al termine degli interventi, ci sarà la relazione asseverata dal tecnico attestante la messa in sicurezza del sito e da trasmettere al protocollo del Comune di Albisola. In caso di necessità, il termine potrà essere prorogato previa richiesta da parte del professionista incaricato al Comando di polizia locale. 
Se le certificazioni delle verifiche non perverranno in municipio, l’ente locale procederà a denunciare gli intimati renitenti all’autorità giudiziaria per inottemperanza all’ordinanza sindacale. Inoltre, ogni modifica dello stato preesistente dell’immobile dovrà essere preventivamente autorizzata. Della riqualificazione, tramite abbattimento e ricostruzione, di quegli antichi stabilimenti e delle relative migliaia di metri quadrati a pochi passi dall’Aurelia e dalle spiagge, su un’area edificabile e quindi appetibile, se ne discute inutilmente da decenni. Nell’ottobre 2010, durante una delle tante commissioni urbanistiche svoltesi in municipio, emerse che nella zona dove sono rimasti gli scheletri delle ex fabbriche Grandis, Sacer e Piral non ci sarebbe stata la redazione di un Puo (Piano urbanistico operativo), poiché i vari proprietari non si mettevano d’accordo nel presentare un’operazione unitaria e preferivano usufruire del Piano Casa della Regione. Ma la pratica si arenò. All’epoca la legge regionale prevedeva che il 10% del totale delle abitazioni doveva essere destinata a edilizia convenzionata, con un prezzo calmierato dettato dalla Regione stessa di circa 2.800 euro per metro quadrato (cifra stimata all’epoca). M. PI.