
Riceviamo e pubblichiamo queste considerazioni da una lettrice.
“C’era una volta, in una piccola cittadina ligure di nome Albisola Superiore, un re e la sua corte distratta: il re-sindaco, più attento ad apparire che ad ascoltare i suoi sudditi; la corte di assessori, che ignorano i sudditi; ed infine le guardie del castello, che promettono molto, ma nulla mantengono. Una bella cittadella, ma guidata da chi sembra pensare che prendere tempo sulle richieste e sulle rimostranze sia la migliore soluzione.
Oramai da molte stagioni, nella cittadina regna ancora lo stesso re e la stessa corte, ma in tutto questo tempo non sono riusciti a gestire un gruppo di piccoli e maleducati sudditi. Sono quelli che ancora non hanno diritto di voto e non versano la tassa reale, ma che, nel frattempo, hanno provocato risse, spaccato vetrate, commesso furti e disturbato la quiete di quel popolo che ha creduto alle vanverate del suo sovrano. Insozzano la città e lasciano disordine ovunque, liberi da ogni forma di controllo e certi dell’impunità delle loro malefatte.
Nel frattempo, però, il re con tutta la sua corte presenzia orgoglioso e sorridente alle feste di palazzo, con o senza illustri ospiti, e inaugura fontane inutili, spacciandole per gesti generosi verso i loro tributari.
Ma intanto c’è una parte di popolo che attende un incontro a castello da mesi, chiedendo un confronto e un dialogo con sua maestà e i relativi cortigiani. Incontro continuamente rimandato, perché si sa: il lavoro a corte è duro e pieno di responsabilità; è lecito quindi riposare le membra con qualche settimana di meritato riposo.
L’attesa è diventata così lunga che l’erba delle aiuole è cresciuta fino al ginocchio, tranne ovviamente quelle di palazzo, della dépendance delle guardie e del parco di corte.
Ah già, il parco… non del popolo, ma solo di una parte di esso. Qui i piccolissimi sudditi sono finalmente ‘liberi’ di giocare, senza che nessuno possa sporcargli il prato. Peccato che oggi, dove i ‘sudditini’ scorrazzano beatamente, nuovi ospiti (topi) abbiano costruito le loro casette in barba a ogni regolamento edilizio vigente. Un parco dove i gabbiani sparpagliano la spazzatura, trascinando resti di ogni genere ovunque: spugne, assorbenti e rifiuti vari. Sarebbe interessante, adesso che a quella parte di popolo zozzone è stato vietato l’ingresso, capire su chi ricadrà la colpa di tale scempio.
Interessante anche l’artefizio di premurose mamme di coprire con candida pezzetta le deiezioni dei loro pargoletti: chissà se loro sono esentate dalle rigorose regole del sovrano. Magari due audaci guardie a cavallo potrebbero sventare ogni qualsivoglia forma di deturpazione… o disobbedienza da parte sempre di quella sparuta frangia di ribelli.
E questo è solo di giorno. Al calar del sole, quando l’oscurità avvolge ogni cosa, la storia si ripete: urla, schiamazzi, musica a tutto volume, corse sfrenate su skateboard in mezzo alla strada e contromano… insomma, ogni giorno se ne inventano una.
Morale della favola? Ai sudditi viene imposto di subire tutto da parte di qualche stravagante ragazzotto, e per i quali il sovrano, con tanto di corte reale e guardie, non è in grado di gestire e placare i bollenti spiriti.
Ma se codesta sovranità spera che quella parte di popolo, assai scontenta, resti in silenzio lasciando correre… beh, dispiace deluderli, perché così non è!
Come magistralmente illustrato nell’opera Discorso della servitù volontaria di Étienne de La Boétie (per chi non lo avesse letto, si consiglia vivamente di farlo: illuminante…), il popolo, ad un certo punto, può anche decidere di non “obbedire” più e, invece di stare zitto, ribellarsi ad assurde ed illogiche imposizioni o regole.
Buon regno a voi, di futile apparenza.
P.S.: imparare ad ascoltare il vostro popolo e sentire quando il malcontento giace sotto silenzi e sorrisi fugaci permetterebbe di farvi avvertire il lamento di una cittadina come quella di Albisola Superiore.
Silvana Amontagna”
