L’ex premier: “Nessun motivo per chiedergli un passo indietro”. Ma precisa: “Le inchieste sul Pd? C’è una questione morale”

Luca de Carolis

L’avvocato a 5Stelle non poteva e non voleva strappare senza un motivo evidente. Per di più, con la tela delle Regionali tutta da comporre. E doveva ribadire che il Movimento ha cambiato postura, rispetto agli avvisi di garanzia. Per questo ieri Giuseppe Conte ha confermato il sostegno nelle Marche al candidato dem Matteo Ricci, proprio come gli consigliavano i big del M5S. “Non ci sono elementi per chiedere un passo indietro a Ricci” spiega in conferenza stampa, nella sede dei 5Stelle vicino Montecitorio. Scelta anticipata un paio di ore prima ai dirigenti del Consiglio nazionale, come raccontato dal fattoquotidiano.it. “Siamo una forza abbastanza matura per capire che un avviso di garanzia è diverso da una condanna” teorizza Conte.
Figurarsi se non vale per Ricci, primo sindaco del Pd ad aprire ai 5Stelle in giunta, chiamato a vincere la partita decisiva delle Regionali. E poi, assicura l’ex premier, “abbiamo apprezzato che non abbia urlato contro una giustizia a orologeria e che non si sia avvalso della facoltà di non rispondere. Ha risposto con massima puntualità e trasparenza”. Il Movimento resta dalla sua parte, “salvo che non emergano fatti nuovi, che dovremmo valutare”. Però non è stata una decisione facile. Troppe le inchieste che hanno toccato anche esponenti del Pd o amministratori sostenuti dai dem, da Milano a Torino fino alla Puglia. Così in conferenza stampa Conte rimarca il prezzo di questo sì: “Nella nostra base c’è molta inquietudine per questi casi, c’è un tema etico, una questione morale”. Soprattutto nella Toscana dove diversi gruppi territoriali e i consiglieri comunali di Livorno sono insorti contro il possibile accordo con il Pd. Anche per questo entra duro sul sindaco di Milano, Giuseppe Sala: “Chiedo le sue dimissioni perché ha consentito un Far West edilizio. Che progetto di sviluppo è, che modello di alternativa a Meloni può essere? Ha confezionato con gli uffici del Comune la norma Salva Milano, recepita dal centrodestra e all’inizio anche dal Pd, che poi abbiamo fermato”. Certo, “non chiediamo che lasci per l’avviso di garanzia: la responsabilità politica va distinta da quella penale”. Garantista ma diverso dal Pd, Conte: “Siamo progressisti ma indipendenti”. Ergo, “nessuna alleanza organica con i dem, perché significherebbe legarci mani e piedi a prescindere dai programmi. Non posso garantire la stessa coalizione in ogni regione. Vogliamo costruire un’alternativa di governo, ma ci sono potentati locali con cui non è possibile lavorare”. È anche una stoccatina a Elly Schlein: involontaria magari, ma fattuale. “Sui territori non è abbastanza forte, deve trattare con i cacicchi” sussurrano un paio di 5Stelle. Ma nel M5S nessuno si augura che la segretaria affondi.
Men che meno Conte, che l’aveva ovviamente preavvertita del sì a Ricci. Mentre all’eurodeputato aveva anticipato che gli avrebbe chiesto pubblicamente un codice etico per i candidati e “la pubblicazione preventiva sul sito regionale degli appalti per gli affidamenti diretti”. Ma c’è stato uno scambio con il sì a Fico in Campania? “Non facciamo mercimonio dei nostri valori” se la prende l’ex premier. Dopodiché ci sarebbe la questione Toscana. “Non abbiamo deciso nulla, sul tema sono agnostico” giura Conte in Consiglio nazionale. “Sulla Toscana non imponiamo soluzioni, è in corso una riflessione dei gruppi” dice ai microfoni. Per poi precisare: “Di fronte a un candidato che si ripropone, entrare in giunta è un sacrificio notevole, eravamo all’opposizione”.
Il presidente uscente, il dem Eugenio Giani, vede il bicchiere mezzo pieno: “Leggo molto positivamente le parole di Conte. Fino a qualche tempo fa vi era il no, ora si dà per implicito un percorso di disponibilità”. Però il nodo è aggrovigliato. In serata il M5S riunisce coordinatori ed eletti toscani, con la responsabile Enti locali, Paola Taverna. Va preparata l’assemblea regionale. Alcuni rimproverano ai livornesi il no in pubblico: “Confrontiamoci internamente”. Loro tengono il punto. Di certo nella riunione emerge diffusa sfiducia verso Giani, che pure ha aperto ai punti di programma del M5S. “È prevalsa la confusione, ma l’intesa con il Pd non pare facile” raccontano. Conte sarebbe propenso all’accordo, ma non a prezzo di un bagno di sangue sui territori. Non forzerà. La prossima settimana, forse, l’assemblea regionale. Decisiva.