La nascita, o la rinascita, di un movimento pacifista che passa trasversalmente per le coalizioni di centrodestra e centrosinistra, mettendole in sofferenza, ha caratteristiche diverse dal passato, che meritano di essere approfondite. In primo luogo, se non è proprio assente, certo ha un ruolo non di primo piano, anche a causa del suo stato di salute, il leader spirituale del movimento, cioè Papa Francesco. Beninteso, il pontefice continua a predicare in ogni occasione contro la guerra, ma né lui, né il cattolicesimo organizzato, impegnato semmai a ritrovare un ruolo politico al centro, sono alla testa delle manifestazioni, salvo qualche eccezione (l’ex-direttore di Avvenire Tarquinio eletto all’Europarlamento con il Pd). La maggiore delle quali le organizza il Movimento 5 stelle, da sempre schierato anche in Parlamento contro il conflitto in Ucraina e gli aiuti in armi a Zelensky, che nelle Camere sono stati votati per dieci volte da una sorta di larga coalizione comprendente il governo e il Pd. 
È stata una delle rarissime occasioni di convergenza tra Meloni e Schlein, se si esclude il recente voto per i giudici costituzionali, che ha richiesto tuttavia una difficile e lunga gestazione. Anche in questo caso però Conte è riuscito all’ultimo giro a inserire una sua candidata, muovendosi autonomamente dal Pd.
Dunque è attorno al vecchio, rinato asse gialloverde su cui era stato costruito il primo governo presieduto dall'”avvocato del popolo” che ruota il vecchio/nuovo pacifismo. Un’asse che ha sempre spinto, e continua a spingere, per un accordo con Putin, infischiandosene (nel caso di Salvini) della collocazione atlantista, pre-Trump, del governo; e della parallela convergenza su questa posizione del Pd.
Ma batti e ribatti, pur consapevoli delle difficoltà in cui mettono le alleanze, ma convinti che il nuovo quadro internazionale che si sta delineando alla fine darà loro ragione, oltre che voti, Conte e Salvini continuano per le loro strade parallele. E tutto fa pensare che non si fermeranno. Specialmente a sinistra, se anche dentro il Pd la spinta pacifista si fa così forte da influire sulla segretaria. Sebbene una svolta pacifista dell’intero vertice del partito non resterebbe senza conseguenze, aumentando rischi di scissioni nell’area più centrista del Pd. —