La premier non riferirà in aula prima del Consiglio europeo del 6 marzo

Luca de Carolis

S’indignano tutti assieme contro quel video postato da Donald Trump su Gaza, compreso Giuseppe Conte. Perché tutti i partiti d’opposizione ritengono quel filmato, che trasforma l’inferno di oggi in un paradiso di plastica, come la miccia per invocare (ancora) in Parlamento Giorgia Meloni, affinché spieghi e risponda sul rapporto con l’amico d’Oltreoceano, su Israele e sull’Ucraina: insomma su tutti i temi, anzi le croci di politica estera. Ma la premier è di altro avviso. Non si farà vedere alle Camere prima del Consiglio europeo straordinario sull’Ucraina del 6 marzo, ufficialmente perché “l’agenda è già piena” come sostengono fonti di governo. Se ne riparlerà il 18 e il 19, quando Meloni sarà in Parlamento prima di un Consiglio Ue ordinario (e in questo caso le comunicazioni alle Camere sono obbligatorie). “Questa volta poteva scegliere e ha scelto di non rendere conto al Parlamento, lei che quando era all’opposizione prima di ogni Consiglio europeo straordinario pretendeva Conte in aula” accusa il capogruppo M5S in Senato, Stefano Patuanelli.
E già qui si rintraccia il senso di una giornata politica che dipinge tattiche e rapporti di forza in Parlamento. Da una parte, il centrosinistra che cerca temi su cui raggrumarsi nonostante le distanze reciproche, e insiste per trascinare nella battaglia parlamentare Meloni. Dall’altra, una premier che vuole giocare innanzitutto su altri tavoli e che si sente ancora abbastanza forte per schivare certe domande, ormai sempre più fastidiose. Di certo per lei non è un regalo quel video in cui il sodale Trump immagina una Gaza del futuro in cui bimbi sorridono a banconote che piovono dal cielo e lui, il presidente americano, si gode un cocktail in piscina con accanto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Un frutto indigeribile dell’Intelligenza artificiale, che in mattinata alla Camera diventa il collante delle opposizioni. Inizia Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra: “È necessario che la premier venga a riferire in aula cosa ne pensa del suo amico Trump, perché riteniamo quel video un’operazione schifosa, visto che quella è una terra che gronda sangue”. Di seguito, gli altri progressisti: dal Pd con Laura Boldrini – “video raccapricciante, bisogna capire da che parte sta il governo” – alla 5Stelle Stefania Ascari: “Venga qui, la donna madre e cristiana, a dirci se l’Italia vuole essere complice di un genocidio a Gaza”. A colpire però è il post di Conte.
Una settimana fa, l’ex premier aveva elogiato il presidente americano per aver “smascherato la propaganda bellicista sull’Ucraina”, provocando la furia dei centristi, l’evidente disappunto del Pd – inclusa Elly Schlein – e mal di pancia anche nel M5S. Invece sul video è secco: “L’ho trovato allucinante, non possiamo passare dall’indifferenza per il massacro a strampalati piani per il futuro di Gaza”. Qualche 5Stelle respira di sollievo e assicura: “Lo ha fatto senza sforzo, quelle immagini lo hanno subito indignato”. E figurarsi nel Pd, dove invocavano una correzione di rotta. Anche se nel M5S sostengono che “Giuseppe non voleva mica lodare Trump, piuttosto criticare l’immobilismo e l’ipocrisia altrui”.
Comunque sia, il risultato è che tutto il fu campo largo, dagli ex giallorosa fino a Più Europa e Azione, per un giorno parla la stessa lingua. I capigruppo chiedono al ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani (FdI) di intercedere con Meloni perché venga in aula prima del 6 marzo. Ma non c’è margine. Non adesso, con un quadro internazionale così incerto, e rogne che chiamano altre rogne, dagli spiati nel caso Paragon al pasticcio su Almasri. Appuntamento al 18 e al 19 marzo per il Consiglio Ue ordinario, e poi al premier time in Senato, il 23 aprile. Così in serata le opposizioni ripicchiano sul Trump che annuncia dazi del 25 per cento sulle importazioni dai Paesi Ue, anche per colpire di rimbalzo la leader di FdI e Matteo Salvini. “I trumpiani d’Italia hanno qualcosa da dire?”, chiede Carlo Calenda. Ma per certe risposte bisognerà aspettare, ancora.