
Una mozione contro il Guardasigilli: l’idea per stanare Giorgia
✍️ Luca De Carolis
L’hanno fatto proprio loro due, il (minimo) miracolo: il Carlo Nordio che va di latinorum – per citare Matteo Renzi – e il Matteo Piantedosi secondo cui rimpatri del genere si sono visti “anche con altri governi, con modalità analoghe”.
E almeno per qualche ora, è il prodigio della riapparizione giallorosa. Con Elly Schlein che dal microfono conia uno slogan da curva calcistica – “Meloni è la presidente del coniglio, si nasconde dietro i ministri” – e poi batte le mani al Giuseppe Conte che azzanna alla gola l’ex pm Nordio:
“Lei è scandaloso, ha parlato da giudice assolutore di un torturatore, si dovrebbe vergognare”.
È improvviso disgelo tra i due leader che dopo gli interventi si incontrano in un corridoio alla Camera – presente Roberto Fico – e si congratulano a vicenda, con tanto di bacetto: “Brava Elly”, “Bene così Giuseppe”.
E sono loro due adesso a ragionare con il resto dell’ancora presunto centrosinistra su una mozione di sfiducia per Nordio. La mossa per stanare Meloni, ossia per costringerla a venire in aula a rispondere.
“Il ministro si è sacrificato per lei, ma ora la premier dovrebbe fare lo stesso” teorizza un big del Pd.
Sono i dem a spingere per sfruttare l’onda del mercoledì in cui il governo sembra incredibilmente prenderle, e le opposizioni sembrano incredibilmente unite.
Perché sui ministri che rispondono per modo di dire e su Meloni non pervenuta infieriscono tutti assieme, e tutti a tempo. Da Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana, che dal suo banco mostra la foto di una bambina torturata in Libia (“Mi dica lei ministro che ha approfondito così bene, quando sono state inferte queste ferite?”).
Al Renzi che in Senato morde così la premier:
“La vile Meloni non è una lady di ferro ma un uomo di burro, siete passati dal Signore degli Anelli a Pinocchio”.
E da destra protestano forte. Attacca perfino Carlo Calenda, spesso morbido con il governo:
“La dignità dello Stato è stata svilita, abbiamo fatto fare un carosello a un bandito”.
A sinistra e larghi dintorni è lo stesso copione. Cartelli contro Meloni “patriota in fuga”, foto di vittime, un ossessivo battere contro la “viltà istituzionale della premier che, lo sappiamo, ci guarda da dietro un pc” (Conte).
NEL CORRIDOIO FUMATORI
di Montecitorio, Elly Schlein scarica l’adrenalina sulla sigaretta elettronica. Ha il volto e le parole di chi canta vittoria: “Si sono viste tutte le loro gravi contraddizioni”.
Mentre in Senato raccontano di una Giulia Bongiorno molto piccata per l’intervento del dem Francesco Boccia:
“La presidente della Commissione Giustizia Bongiorno non ha preparato a dovere gli avvocati della presidente del Consiglio oggi in aula”.
Non ha funzionato granché il piano di battaglia della leghista.
Ma ora come portare al centro del ring Meloni? Come rispondere a quella che Riccardo Magi di Più Europa riassume come “l’offesa della sedia vuota”?
I Cinque Stelle scelgono di continuare con l’ostruzionismo in aula.
Come fatto già lunedì, in serata intervengono in serie durante i lavori sul decreto cultura.
“Però non ne hanno parlato prima con nessuno” sbuffano voci da sinistra.
Non c’è stato coordinamento, parola che potrebbe tornare utile. Tanto più che ci sarebbero anche le Regionali da preparare, come ricorda l’incontro a Montecitorio tra gli sherpa di Pd e Movimento, Igor Taruffi e Paola Taverna.
Prima però ci sono le interlocuzioni sulla mozione di sfiducia per il Guardasigilli.
La carta a occhio indirettamente evocata da Boccia:
“Delle due l’una, Nordio: o lei è il passacarte del governo o è responsabile di questo disastro e deve dimettersi”.
