
Mi trovo spesso a riflettere su cosa significhi davvero libertà di espressione, soprattutto in un’epoca in cui i social sono il cuore pulsante della comunicazione globale. E oggi, con la rimozione delle regole sulla censura da parte delle principali piattaforme come X, Facebook e Instagram, mi chiedo: è davvero un passo avanti? Oppure stiamo imboccando un vicolo cieco?
Poter dire tutto sembra una conquista, una sorta di emancipazione dai vincoli di un sistema che ci ha sempre detto cosa fosse giusto e cosa no. Ma siamo davvero pronti per questa libertà? La realtà dei fatti è che non stiamo avanzando verso un mondo di idee libere e costruttive. Stiamo solo dando più spazio al caos.
Guardiamoci intorno. Fake news, teorie complottiste, affermazioni senza alcun fondamento scientifico: tutto si mescola, tutto si equivale. Ogni bugia può sembrare una verità, ogni verità può essere liquidata come una bugia. E in questo mare di informazioni senza criterio, la verità si perde. O forse, peggio ancora, non interessa più a nessuno.
Perché, diciamolo chiaramente: oggi, ciò che conta non è essere intelligenti, ma essere rumorosi. Devi scioccare, scandalizzare, fare più rumore degli altri per emergere. Non importa se hai un messaggio sensato, se hai idee valide. Se non urli, se non sei provocatorio, vieni ignorato. E più lo spettacolo è grottesco, più successo ottieni. Guardate a certe figure pubbliche: sono salite alla ribalta per le loro capacità o per le loro sparate?
Non è un caso se personaggi come Trump, Salvini o Vannacci catturano l’attenzione. Non si tratta solo di politica, ma di un linguaggio che parla alla pancia della gente, che trasforma la rabbia in consenso. È un linguaggio semplice, diretto, fatto di slogan e frasi che colpiscono subito. Non importa se sono superficiali o impossibili da realizzare. Importa che funzionino. Che generino applausi.
E allora mi chiedo: cosa succederà ora che i social hanno aperto le porte a tutto questo? Certo, c’era il rischio di una censura arbitraria, ed è giusto vigilare su chi decide cosa possiamo dire o meno. Ma rimuovere del tutto i limiti è davvero la soluzione? Non rischiamo di creare un mondo in cui tutto vale, in cui ogni verità è messa sullo stesso piano di una menzogna?
E qui entra in gioco un altro aspetto che mi spaventa: l’intelligenza artificiale. Un sistema che si basa sui dati presenti in rete per apprendere e migliorarsi. Ma se quei dati sono inquinati da bugie e disinformazione, cosa produrrà? Avremo un’intelligenza artificiale che non sarà altro che uno specchio del nostro caos. Un riflesso di un’umanità confusa e disorientata.
E allora, cosa possiamo fare? Non ho una risposta semplice. Ma so che non possiamo arrenderci. Dobbiamo recuperare il valore della verità, della responsabilità. Dobbiamo imparare a filtrare, a educare noi stessi e le nuove generazioni al pensiero critico. Non sarà facile, lo so. Ma non possiamo lasciare che la libertà si trasformi in anarchia. Non possiamo permettere che il rumore soffochi la ragione.
La libertà di espressione è un diritto fondamentale, ma richiede maturità e responsabilità. Oggi più che mai, dobbiamo decidere cosa vogliamo fare con questa libertà. Se vogliamo usarla per costruire un mondo migliore o per accelerare la nostra stessa autodistruzione. La scelta è nostra. E il tempo per scegliere non è infinito.
