
L’Arpal ha recentemente pubblicato i dati sulla qualità dell’aria in Liguria, evidenziando un miglioramento generale grazie alla diminuzione degli inquinanti rilevati dalle 44 centraline fisse distribuite nelle province di Imperia (4), Savona (14), Genova (18) e La Spezia (8), supportate da alcune unità mobili.
Nonostante questi progressi, permangono alcune criticità. A Genova, due stazioni hanno registrato valori medi annuali di biossido di azoto superiori al limite di 40 µg/m³, con 48 µg/m³ in corso Europa e 41 µg/m³ in via Buozzi. Questo agglomerato urbano è inserito nelle procedure di infrazione europea per tali superamenti, che si verificano dal 2010.
Per quanto riguarda l’ozono, il valore obiettivo a lungo termine di 120 µg/m³ (massima media giornaliera su 8 ore) è stato superato in tutte le 12 postazioni di monitoraggio: 2 a Imperia, 3 a La Spezia e Savona, 4 a Genova.
Gli altri inquinanti monitorati, come biossido di zolfo, monossido di carbonio, benzene, polveri sottili PM10 e PM2.5, e metalli, risultano entro i limiti normativi in tutte le altre postazioni liguri.
Relativamente alle polveri sottili PM10, nonostante tre episodi significativi di intrusioni di polveri desertiche, il limite giornaliero di 50 µg/m³ (da non superare più di 35 volte l’anno) è stato oltrepassato al massimo 8 volte, a Busalla e a Cairo Montenotte, nella postazione di Villa Sanguinetti.
È importante notare che durante i festeggiamenti di Capodanno si è registrato un aumento significativo dei livelli di PM10, con 13 stazioni che hanno rilevato almeno un’ora con valori superiori a 50 µg/m³.
In sintesi, sebbene la qualità dell’aria in Liguria mostri segnali di miglioramento, persistono alcune aree critiche che richiedono attenzione continua per garantire il rispetto dei limiti normativi e la tutela della salute pubblica.
Un caso emblematico è rappresentato dalla Val Bormida, dove l’inquinamento ha radici storiche legate principalmente all’attività industriale dell’ACNA di Cengio. Fondata nel 1882 come dinamitificio, l’azienda si convertì successivamente alla produzione di coloranti chimici. Per oltre un secolo, l’ACNA ha sversato nel fiume Bormida e nei terreni circostanti una vasta gamma di sostanze tossiche, tra cui benzene, fenolo e derivati del catrame di carbone, compromettendo gravemente l’ecosistema fluviale e la salute pubblica.
Nonostante la chiusura dello stabilimento nel 1999, l’eredità di inquinamento persiste. Le operazioni di bonifica, avviate negli anni successivi, hanno affrontato numerose difficoltà e, in alcuni casi, sono ancora in corso. La contaminazione del suolo e delle falde acquifere rappresenta tuttora una minaccia per l’ambiente e per le comunità locali.
Oltre all’ACNA, altre attività industriali nella regione hanno contribuito all’inquinamento della Val Bormida. Ad esempio, l’impianto Italiana Coke di Bragno (Cairo Montenotte) ha avuto un impatto significativo sulla qualità dell’aria e del suolo.
In sintesi, le principali cause dell’inquinamento nella Val Bormida sono riconducibili alle attività industriali storiche, in particolare quelle dell’ACNA di Cengio, e alle emissioni di altri impianti presenti nella zona. Nonostante gli sforzi di bonifica, gli effetti di queste attività continuano a influenzare negativamente l’ambiente e la salute degli abitanti della valle.
