
L’ex presidente concorda la pena a Genova e presenta il libro alla camera
Nel giorno del suo patteggiamento a Genova, Giovanni Toti organizza un controevento politico-letterario alla Camera in cui rivendica di avere le mani pulite: “Povero ero e povero sono rimasto”, dice, invitando a cambiare le leggi che lo hanno fatto condannare. “Fino a quando asservimento della funzione, traffico di influenze, voto di scambio resteranno ipotesi di una nebulosa difficile da dimostrare resteremo in un’ipocrisia che a tanti piace, ma fa male al Paese”.
Solo il tempo dirà se si tratta del crepuscolo politico dell’ex governatore, scaricato anche da parte dei suoi alleati, o l’inizio di qualcos’altro. Sicuramente un’occasione per attaccare giudici e giornalisti. Ma anche la politica che invece di fargli da scudo s’è tirata indietro. E per quanto il suo libro sia in fondo proprio un’accusa al suo centrodestra, ieri ha ricevuto qualche attestato di solidarietà: oltre allo stato maggiore di Noi Moderati (Lupi, Carfagna, Gelmini) alla presentazione c’erano alcuni forzisti, tra cui il pasdaràn del “garantismo”, Enrico Costa, firmatario delle leggi bavaglio e anti-pm; e pure due consigliere laiche del Csm, Isabella Bertolini e Claudia Eccher (le stesse che avevano promosso un disciplinare contro il giudice del Riesame Massimo Cusatti, che aveva respinto la richiesta di scarcerazione di Toti). Ma soprattutto Ignazio La Russa: “Dobbiamo riscrivere il perimetro tra politica e magistratura” ha detto il Presidente del Senato che per Toti immagina un ritorno al giornalismo, ma non esclude nemmeno un rientro in politica “quando potrà ricandidarsi”. Già, quando? Sebbene Toti ostenti distacco, su una sua ricandidatura pesano oltre 2 anni di interdizione, allungati a 6 dalla legge Severino.
La concomitanza dei due eventi, l’udienza a Genova e la presentazione a Roma del suo libro Confesso ho governato, sarebbe ufficialmente casuale. Certo, il copione assomiglia ad altre iniziative dell’ex governatore: il giorno del suo interrogatorio il suo entourage aveva fatto trapelare una sua memoria a colloquio in corso; l’uscita del libro era prevista nel primo giorno di un processo che non si è mai tenuto. La filosofia sembra essere sempre la stessa: oscurare sui media le decisioni giudiziarie imponendo la propria voce. Ma ecco cosa scrive Matteo Buffoni, il giudice che ieri ha firmato l’atto finale di questa vicenda: Toti ha “asservito la funzione pubblica agli interessi privati” barattando atti che erano “in cambio di soldi per il suo Comitato”. Una condotta che ha provocato “l’offesa ai beni giuridici tutelati, cioè al buon andamento e soprattutto all’imparzialità della Pubblica amministrazione”. L’accordo prevede una pena per corruzione e finanziamento illecito a 2 anni e 3 mesi, convertiti in 1620 ore di lavori socialmente utili, che Toti sconterà alla Lilt. Per la prima volta la Procura ha organizzato una conferenza stampa: “Quella di oggi è una sentenza di condanna con effetti ridotti, non un’assoluzione – dice il capo dei pm Nicola Piacente – Non è vero che abbiamo arrestato Toti alle 3 di notte, né che le intercettazioni hanno avuto una durata anomala. Abbiamo tenuto un profilo basso, l’unico mio scrupolo è di non essere riuscito a tutelare fino in fondo i colleghi dell’indagine”. Toti commenta così: “Non serve una conferenza per dire che hanno vinto loro. È la politica che ha perso”.
