
Nostalgia canaglia, per Giuseppe Conte. Sospeso tra passato e calcoli sul futuro prossimo, l’ex premier appare sul palco di Atreju al Circo Massimo in un sabato di pioggia e torna a definirsi “avvocato del popolo per difenderlo dall’arroganza del potere” come ai tempi del governo gialloverde. Forse è solo un altro modo per prendere le distanze del Pd di Elly Schlein, quello di cui “non saremo mai cespugli o junior partner”, come ripete dalla festa di Fratelli d’Italia dove la segretaria dem non è stata invitata (l’anno scorso aveva rifiutato). Conte invece ci torna volentieri, dopo essere stato ospite già ai tempi in cui era a Palazzo Chigi. Davanti si ritrova una folta platea molto di governo, che lo fischia poco o nulla. La consegna del partito è compostezza, verso un avversario citato tra i “gufi” nella parete di immagini all’ingresso della festa. Anche perché la mattina fischi e contestazioni se li era presi la vicecapogruppo del M5S in Senato Alessandra Maiorino, una che è proprio di sinistra, con le sue sillabe dritte: “I figli da maternità surrogata vengono chiamati ‘prodotto’ ma sono nati dall’amore, e le coppie dello stesso sesso sotto questo governo hanno subito una persecuzione mai vista”. Sul palco era dovuto salire l’organizzatore Giovanni Donzelli: “Abbiamo invitato appositamente ospiti che la pensano diversamente da noi, dimostrate accoglienza”. Poco prima dell’intervista a Conte, nel pomeriggio, è il sottosegretario all’Interno Emanuele Prisco a catechizzare la folla: “Far parlare gli ospiti è democrazia”.
Ma quando l’ex premier appare assieme all’intervistatore, il direttore di Libero – ed ex capoufficio stampa di Giorgia Meloni – Mario Sechi, Prisco gli ricorda “le posizioni sull’immigrazione del suo primo governo”, quello con la Lega. L’avvocato, che in platea ha anche la compagna, invoca: “Sentitevi liberi di manifestare il dissenso, mi preoccuperei se andassi via senza qualche fischio”. Si odono buu, un po’ di gente sbuffa. Sechi gli chiede se si sente di sinistra, e lui marca la distanza con i dem: “Io non ci sto, se significa combattere solo nel nome dell’antifascismo o che puoi accogliere indiscriminatamente tutti”. Applausi. E il giornalista : “È pronto per prendere la tessera di FdI”. Conte reagisce: “Non credo”. Elenca anche le differenze con Meloni: “Se fossi un suo elettore sarei molto deluso, tante piroette e giravolte. La situazione è drammatica e l’Italia è ferma”. Poi Conte rivendica i 209 miliardi del Pnrr e il giornalista provoca (“Soldi a debito”). L’ex premier s’inalbera: “Se erano a debito non dovevate toccarli”. Quindi replica al ministro della Difesa Crosetto, che da Atreju gli aveva dato del quaquaraquà sull’aumento delle spese militari: “Invece di insultarmi giorno e notte, si chiudesse in una stanza con gli altri ministri della Ue per elaborare un piano di difesa comune”. Sechi stuzzica: “Rifarebbe un’alleanza con la destra?”. E lui: “Una cosa è una prospettiva conservatrice che rispetto, un’altra le derive reazionarie”. Però punge ancora i dem, quando gli chiedono di Ernesto Ruffini, appena dimessosi dall’Agenzia delle entrate: “Lui in politica? La sensazione è che sia una operazione nata a tavolino dal Pd per dare il senso di una coralità con tanti corollari intorno”. Conte saluta: “Grazie per la gentilezza”.
