
francesca schianchi
roma
Molti, nel Pd, hanno già in programma di partecipare. Possibile anche il responsabile Esteri Giuseppe Provenzano; non è esclusa nemmeno la segretaria Elly Schlein. Tanto che si sta valutando un’adesione formale del partito: prima di formalizzarla però, prima di annunciare ufficialmente che il Pd aderisce alla mobilitazione di sabato 26 ottobre indetta dalla Rete italiana pace e disarmo a cui parteciperanno sia AvS che, molto probabilmente, i Cinque stelle, al quartier generale di largo del Nazareno vogliono prudentemente aspettare che sia chiara la piattaforma. Che sia chiarito meglio lo slogan “Fermiamo le guerre”, per evitare passi falsi su un tema, quello dei conflitti aperti in Ucraina e in Medio Oriente, che sottotraccia lacera ancora il partito.
Lo si è visto chiaramente al Parlamento europeo un paio di settimane fa: sul voto per consentire agli ucraini l’uso delle armi in territorio russo, i dem si sono spaccati tra chi ha detto no, chi sì, chi boh, ha tolto la scheda per votare. «Così non va bene», si è lasciato andare Provenzano con colleghi di partito. Sull’atteggiamento da tenere verso Kiev, le distanze si sono approfondite nel tempo, sulla spinta anche della concorrenza delle altre opposizioni, M5S e Alleanza Verdi sinistra, che votano convintamente no all’invio di armi e ne fanno un punto qualificante della loro politica. Finora, le tensioni tra i dem sono state sotto controllo, complice la pax post Europee e il fatto che in Parlamento non si sono resi necessari altri voti. Ma il tema c’è: non è un mistero che dentro al Pd conviva la visione ultra atlantista dell’ex ministro Lorenzo Guerini con quella ultra pacifista di Cecilia Strada o Marco Tarquinio. «Una frizione su questo argomento esiste, io penso che dobbiamo arrivare a discuterne apertamente», propone Arturo Scotto, uno di quelli che già si prenota un posto in piazza per il 26. Una discussione che potrebbe (ri)aprirsi domani pomeriggio, all’assemblea congiunta dei gruppi dem prevista alla vigilia del Consiglio europeo della settimana prossima: in vista delle consuete mozioni da preparare, si parlerà di politica estera, quasi scontato che torni sul tavolo il tema di come rapportarsi all’Ucraina. E anche il conflitto in Medio Oriente, dove la spaccatura tra dem è meno plateale – tutti d’accordo sul cessate il fuoco e il ritorno degli ostaggi israeliani, un po’meno o con meno convinzione sul riconoscimento ora dello Stato di Palestina – ma sotto la superficie si sentono umori diversi: chi rimprovera alla segretaria l’assenza dalla celebrazione in sinagoga in occasione del 7 ottobre (in rappresentanza del partito, Provenzano), e chi invece la spinge a essere più nettamente pro Palestina.
Già l’anno scorso la Rete pace e disarmo, di cui fa parte una lista lunga così di associazioni della sinistra pacifisca e del mondo cattolico – dall’Acli all’Agesci, dall’Arci alla Cgil – organizzò una mobilitazione in questo periodo in varie piazze d’Italia, parola d’ordine no a bandiere israeliane o palestinesi, solo vessilli della pace. Movimento cinque stelle e AvS aderirono formalmente, presenti i leader Giuseppe Conte e Nicola Fratoianni; il Pd no, peraltro la data si sovrapponeva a un’iniziativa di partito, ma in tanti parteciparono a titolo personale e Schlein, tirata in ballo, la risolse dicendo che erano piazze a difesa dei civili «e anche il Pd sta insistendo per la difesa di tutti i civili».
Intanto è passato un anno, ed è cresciuto in un pezzo del partito il desiderio di affiancarsi a iniziative pacifiste, per scrollarsi di dosso quell’aggettivo «bellicista» buttato da Conte in più di un’occasione con maliziosa nonchalance. «Mia figlia quindicenne, tanti altri ragazzi, sabato scorso stavano per andare alla manifestazione di piazzale Ostiense – la spiega così Scotto – abbiamo il dovere di dare loro una piazza non violenta e libera da cori vergognosi». Per un po’, al Nazareno hanno pensato anche di organizzare una propria manifestazione. Ma, nel pieno della campagna elettorale per le Regionali, è sembrato uno sforzo non affrontabile. Quella di fine mese è bell’e pronta. E la tentazione di non lasciarla solo a agli alleati Cinque stelle, questa volta è forte. —
