Le terapie intensive ancora al palo “Impreparati a una nuova pandemia”

ROMA 
Il Covid sembrerà anche essere oramai alle spalle ma l’Oms lo va dicendo da tempo a chiare lettere: vuoi per l’effetto della globalizzazione che movimenta sempre più persone, vuoi per i cambiamenti climatici che favoriscono il passaggio dei virus dall’animale all’uomo, una futura pandemia più che un rischio è una certezza. Ma se una nuova ondata di contagi ci colpisse oggi ci troverebbe più o meno impreparati come quattro anni fa, perché le Regioni hanno realizzato nemmeno la metà dei quattromila posti letto aggiuntivi nelle terapie intensive e sub intensive previsti dal decreto “rilancio” del giugno 2020. Mentre non c’è più traccia del Piano pandemico presentato un anno fa dal Direttore della Prevenzione del ministero della Salute, Francesco Vaia. 
A rivelare l’altro fianco scoperto della nostra linea Maginot antipandemica sono le tabelle del ministero della Salute sui posti realizzati e ancora da realizzare nei reparti dove si assistono i pazienti più gravi o in fin di vita. Dei 3.983 posti letto da metter su non per diventare i primi della classe, ma solo per mettersi al passo con gli standard europei, le Regioni ne hanno realizzati soltanto 1.832, il 46% di quelli previsti e finanziati dal decreto dell’anno uno dell’era pandemica. Un ritardo che in caso di una emergenza sanitaria potrebbe rivelarsi fatale, perché è stata proprio la carenza di posti letto nelle terapie intensive a far collassare i nostri ospedali.
Tra le regioni, però, le differenze sono abissali. Così all’Abruzzo che ha realizzato il 100% dei letti aggiuntivi previsti fanno da contraltare lo zero assoluto del Molise e la Calabria, con il 18% dei posti in terapia intensiva aggiunti e appena l’8% dei letti nelle semintensive. A sorpresa va male anche la Lombardia con solo il 31% dei letti realizzati in terapia intensiva e il 24% nelle sub-intensive. Appena qualcosa di più ha fatto il Lazio con il 34% dei letti in intensiva e il 38% in semintensiva, mentre la Puglia raggiunge rispettivamente il 37 e il 52% dei letti aggiunti ai pochissimi presenti prima che il Covid sconvolgesse le nostre vite. Ha fatto poco il Friuli Venezia Giulia, con il 33% dei letti in intensiva e un misero 4% in subintensiva, mentre il Piemonte passa dal 46% dei letti per i pazienti gravissimi al 57% di quelli destinati a chi lo è appena un po’ meno. La Valle d’Aosta ha un 20% di letti in terapia intensiva e zero in subintensiva. Non se la cava bene nemmeno la Liguria, con percentuali che vanno dal 36 per le terapie intensive al 42% delle subintensive. Male con le subintensive la Sicilia dove non si va oltre il 31%, che sale al 60% nelle intensive, mentre spicca lo zero letti in semintensiva negli ospedali della Sardegna. Tra le più virtuose figurano l’Emilia Romagna, che ha realizzato il 96% dei posti in terapia intensiva e il 93% in sub intensiva, Bolzano con un buon 93% in intensiva e un 100% in semi intensiva, mentre le Marche segnano rispettivamente l’84 e l’86% dei letti realizzati.
Insomma, a parte un gruppetto di Regioni più o meno virtuose, per il resto è una debacle. Il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, ha chiarito che tutti i Piani regionali di potenziamento degli ospedali «sono stati approvati e hanno superato le verifiche degli organi di controllo». Peccato che oltre la metà dei posti siano rimesti solo sulla carta, con 1.082 letti in terapia intensiva e 1.398 in semi intensiva ancora mancanti. E non è che nelle regioni sia tutto un aprire di cantieri, nonostante il tempo stringa, perché per sfruttare il miliardo e 400 milioni stanziati dal Pnrr per realizzare nuovi posti letto c’è tempo fino a tutto il 2026, prima di perdere anche questo treno. pao. rus. —