Minerali, il governo dà il via al piano Ma risparmia il titanio della Liguria


il caso
Francesco Margiocco / genova
Nel suo rapporto presentato una settimana fa a Bruxelles, l’ex presidente del Consiglio, Mario Draghi, ci ricorda che l’Europa è molto indietro, anche, sulle materie prime critiche. Sono quei materiali, come rame, grafite, litio o cobalto, indispensabili per costruire le tecnologie alla base della transizione “green”. Litio e cobalto per le batterie e lo stoccaggio di energia, rame per i cavi, grafite per i transistor. Il governo Meloni, che ha messo il tema in cima alla sua agenda politica, ha approvato un decreto, convertito in legge a inizio agosto, che dà il via al nuovo programma minerario nazionale. Lo scopo, come dichiarato dal ministro per le Imprese e il Made in Italy, Antonio Urso, è colmare un «vuoto normativo» e rilanciare la politica mineraria del Paese, permettendo «al nostro tessuto produttivo di affrontare con successo le sfide legate alla duplice transizione, ecologica e digitale». 
Ma il tempo messo a disposizione dalla legge è poco. Entro il 24 marzo, il servizio geologico dell’Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, dovrà predisporre il nuovo Programma nazionale di esplorazione delle materie prime critiche. Sulla base di quel programma, entro il 24 maggio, sempre l’Ispra dovrà pubblicare la Carta mineraria aggiornata. Le materie prime critiche sono 34, elencate dall’Unione europea. L’Italia ne possiede 16, in giacimenti mai sfruttati o abbandonati negli anni Novanta, quando il Paese ha rinunciato all’attività mineraria perché non più conveniente. In otto mesi, l’Ispra dovrà recuperare il tempo perduto negli ultimi trent’anni. 
«Anzitutto abbiamo fatto un lavoro di archivio, recuperando i dati pregressi, finiti nei cassetti. Ora, con analisi geochimiche e geofisiche, definiremo la potenzialità dei giacimenti», dice Fiorenzo Fumanti, il geologo dell’Ispra che coordina la Banca dati nazionale sulle risorse minerarie. 
La Liguria ha un grande giacimento di titanio, mai sfruttato, a Piampaludo, nel Parco del Beigua, in provincia di Savona. Le sue riserve sono stimate in oltre 20 milioni di tonnellate, la più grande realtà del suo genere in Europa. Ma, al momento, il titanio del Beigua non rientra nel Piano. «Non faremo buchi a cielo aperto – rassicura Fumanti -. Il Beigua è un Parco regionale, non ci sono i presupposti per un nostro intervento». 
In altre parti d’Italia, invece, «procederemo coinvolgendo gli enti locali, a partire dalle Regioni, e le Università». Il lavoro riguarderà tutte le aree interessate – qui accanto una mappa semplificata – e, come ha dichiarato Urso, servirà ad attrarre aziende minerarie, che a loro volta, però, per poter sfruttare quelle risorse, dovranno sottoporre i loro progetti a valutazioni d’impatto ambientale. 
Per realizzare il Programma e la Carta, negli otto mesi di tempo a disposizione, l’Ispra beneficia di un finanziamento ad hoc di 3 milioni e mezzo. Sono pochi, come segnala, ancora, Fumanti: «Per fare un lavoro analogo, in Francia, il governo ha messo a disposizione della ricerca pubblica 77 milioni di euro». —