Sedi aperte e fondi per radicarsi: “Fare politica costa, bisogna usare il 2 per mille e le restituzioni”

Luca de Carolis

Il signore con i capelli bianchi indica la bandiera all’entrata, quella del Movimento: “Lo scriva, noi dei gruppi territoriali vogliamo essere ascoltati”. L’assemblea costituente attesa per ottobre inizia già qui, su una lingua di cemento stretta tra i palazzi, nell’afa di agosto.
Della “rivoluzione” promessa da Giuseppe Conte per i 5 Stelle si discute nella sede del Movimento a Corigliano-Rossano, centro di oltre 70 mila abitanti in provincia di Cosenza, nato dalla fusione dei due Comuni nel marzo 2018. Qui a giugno nelle Europee il M5S ha superato il 28% e trainato un civico alla guida della città, dati da brindisi a fronte del disastroso 9,99% nazionale. Ma tutta la Calabria ha tenuto, con il 16% a livello regionale – però nelle Politiche il Movimento aveva preso il 29 – che è valso ai 5 Stelle il terzo posto tra i partiti e il primo in provincia di Cosenza e Crotone. Poi c’è Pasquale Tridico, nato in zona – Scala Coeli, 821 abitanti – , il più votato nelle Europee nella storia del M5S con oltre 119 mila preferenze. È l’ex presidente dell’Inps a fare gli onori di casa a Corigliano assieme alle deputate della zona, la vice-capogruppo alla Camera Vittoria Baldino e Elisa Scutellà, con cui condivide l’affitto della sede da 400 euro al mese.
Sedi, territori, rapporto con la base. I circa venti iscritti riuniti in cerchio assieme ai parlamentari, nel cortile – “dentro fa troppo caldo” – partono da lì. “Se lavori bene sul territorio devi crescere, essere eletto, ma a Roma deve arrivare la nostra voce, quella dei gruppi”, è l’istanza diffusa. Una signora riassume: “Prima sulla piattaforma consultavano molto di più gli iscritti”. Rimpianto del M5S tutto web? Non esattamente. “Le sedi sono fondamentali, qui ci ritroviamo, viene gente” è il ragionamento comune. Ma radicarsi, fare iniziative, costa. Baldino e Scutellà annuiscono: “Lo sa quanto costa solo la bandiera qui fuori? Il lavoro sui territori comporta continue spese. I fondi del 2 per mille e delle restituzioni devono servire innanzitutto a questo, a radicarsi”. Gli iscritti fanno sì con la testa, Tridico ascolta. Il cronista gli domanda: lei, con tutti quei voti, è la dimostrazione che le liste del M5S erano troppo fragili e che quindi servono nomi conosciuti, e basta con i click delle Parlamentarie? Lui non schiva: “In media, su dieci che votano per il Movimento uno dà il voto di preferenza. Io in un collegio enorme ho portato questo rapporto a una preferenza ogni sei voti. Per prendere consensi servono nomi competitivi, non c’è dubbio”.
Da qui si passa facilmente al nodo dei nodi, la regola dei due mandati. E il dibattito si infiamma. Aldo, un signore sopra i 60 anni, si contorce: “Rappresenta la nostra identità, siamo nati contro la casta”. Una signora bruna concorda, un altro iscritto si dilunga “sul rischio per la democrazia” nel cambiare le regole. Ma altri dicono che no, è tempo di cambiare. Baldino, al secondo mandato: “Su questo argomento siamo tutti in conflitto di interessi, noi parlamentari e gli iscritti che legittimamente vorrebbero subentrare. Ma nella Costituente bisognerà discuterne, perché una classe dirigente serve, è indispensabile. E poi fare politica a lungo non significa per forza essere casta, diventare come gli altri: ricordatevi giganti come Nilde Iotti, io ho dato il suo nome a mia figlia in suo onore…”
Ma come si prendono i voti dove spesso per miseria ti chiedono in cambio qualcosa, e le mafie sono fortissime? Scutellà: “Alcuni cittadini dipendono da certi candidati, innanzitutto economicamente. Noi insistiamo sulle proposte, coinvolgiamo mondi, anche tramite le civiche. Certo, è difficile”. E la collocazione politica? Volete stare proprio a sinistra? Tanti sì. Lidia, consigliera comunale: “Vengo da Rifondazione Comunista, ma ero delusa, nel M5S ho trovato risposte”. Per Rifondazione è transitato anche Tridico, che s’inserisce: “Siamo nel campo progressista, e non si torna indietro. Il nostro modello di organizzazione e di confronto può essere quello del Pci”. Qualcuno batte le mani, un paio fanno una faccia un po’ così. Infine, Beppe Grillo. È il nemico di Conte? Sorrisi, imbarazzo. Tridico tampona: “È stato un rivoluzionario”. Una ragazza lo celebra come “il fondatore”. Ma c’è chi sbotta: “Dovrebbe farsi da parte”. L’assemblea si scioglie.
Cambio di scena. In un bar di Cosenza, Anna Laura Orrico, deputata e coordinatrice regionale: “Qui a giugno abbiamo retto nonostante un’astensione enorme (ha votato il 40%, ndr). Riusciamo a parlare alle persone che sono più in difficoltà, sull’emergenza abitativa insistiamo solo noi”. Siete il partito dei poveri e del Sud? “Non solo, ci votano anche le classi medie. Ma ora dobbiamo discutere tra di noi di alcune cose”. Per esempio? “Ci vogliono risorse, e non le sto parlando di sedi. In Calabria ne abbiamo poche, ma per me è il punto è stare tra la gente. In primavera abbiamo fatto un tour contro l’autonomia differenziata, a cui ha partecipato anche Roberto Fico, e io giro di continuo paesi e città. Ma le iniziative costano”. Riaffiora il nodo delle liste: “In Calabria la destra ha candidato parlamentari e consiglieri regionali, noi dobbiamo essere competitivi”. Quindi, basta con i click? “Non sono più sufficienti”.
Da qui si arriva a Vibo Valentia, dove nelle Europee il M5S si è difeso – 16% – e ha contribuito a eleggere un sindaco di centrosinistra in un fortino della destra, anche se con il 4,8%. Il deputato locale Riccardo Tucci rivendica: “Con tre consiglieri e due assessori siamo la città calabrese con più eletti”. Come ci siete riusciti, perdendo l’anima? “No, stando qui a lavorare. Abbiamo una sede che costa 500 euro al mese, dove a metà aprile abbiamo organizzato un tavolo tra Conte e i sindacati e le associazioni di categoria. Io ci passo almeno una giorno alla settimana, incontrando persone. La politica si fa così”. E la Costituente? “Servono nuovi temi, dobbiamo evolverci, non possiamo rimanere quelli di 15 anni fa”. Sipario.