Crociata contro sindaca e avvocata Il ddl della Lega: multe fino a 5 mila euro

Federico Capurso
Roma
Il senatore della Lega, Manfredi Potenti, ce l’ha con la declinazione al femminile di alcuni mestieri. Non ne può più di leggere negli atti pubblici “avvocatessa”, “rettrice”, “questora” o “sindaca”. Ha quindi proposto di vietarlo per legge, e per chi non si dovesse adeguare, ha previsto anche delle multe da mille a cinquemila euro. Idea che non raccoglie grande entusiasmo. Le opposizioni insultano e deridono Potenti, gli alleati di Fratelli d’Italia fanno finta di non aver sentito, mentre da Forza Italia – ormai in rotta con la Lega, tanto da aprire un nuovo ennesimo fronte di scontro sul nuovo Codice della Strada salviniano – derubricano il tutto a «una perdita di tempo». Potenti non viene difeso neppure dal suo partito. «Non è un’idea condivisa», taglia corto un big leghista. «È una proposta a titolo personale», fanno sapere poi dal quartier generale del Carroccio.
Potenti rimane quindi da solo sulla strada per l’abolizione del femminile. Il suo obiettivo, si legge nel testo della proposta di legge, resta quello di «preservare l’integrità della lingua italiana ed in particolare, evitare l’impropria modificazione dei titoli pubblici dai tentativi “simbolici” di adattarne la loro definizione alle diverse sensibilità del tempo». Vorrebbe quindi vietare il genere femminile per tutti i «neologismi applicati ai titoli istituzionali dello Stato, ai gradi militari, ai titoli professionali, alle onorificenze, ed agli incarichi individuati da atti aventi forza di legge». E poi, all’articolo 3, propone la messa al bando di «qualsiasi sperimentazione linguistica», tout court.
Le opposizioni – quasi più dei linguisti – trasecolano. La deputata Pd Michela Di Biase la chiama un’idea degna dei «trogloditi che vogliono rimuovere il rispetto del genere femminile». Per Debora Serracchiani è «una scemenza da repertorio», mentre la Cinque stelle Barbara Floridia quella della Lega è «una proposta anacronistica e discriminatoria». La collega senatrice Dem Cristina Tajani la prende con ironia e cita un passo della preghiera Salve Regina: «”Orsù dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi…”. Chissà se Potenti vorrà multare anche i fedeli che recitano il Salve Regina». Ma la proposta è destinata a non vedere mai la luce. Anche la deputata di Forza Italia Catia Polidori, responsabile di Azzurro donna, fa spallucce: «Mi sembra ci siano cose ben più importanti di questa. Perderemmo solo del tempo, mentre andrebbe profuso più impegno per ridurre il divario di genere».
Dentro Forza Italia sbuffano e non è l’unico provvedimento sul quale si trovano su posizioni divergenti rispetto agli alleati leghisti. Il capogruppo in Senato Maurizio Gasparri ha appena messo nel mirino il nuovo Codice della strada, uno dei provvedimenti che più sta a cuore a Matteo Salvini. «Ormai – la prende larga Gasparri – ci siamo rassegnati ad un monocameralismo di fatto per i decreti, perché c’è urgenza. Ma almeno sui disegni di legge gli emendamenti chiediamo che vengano discussi ed esaminati». Ecco, per il Codice della strada che Salvini vorrebbe approvare entro luglio, Forza Italia ha invece più di una proposta di modifica da presentare: «Abbiamo messi a punto una cinquantina di emendamenti – annuncia Gasparri – e siamo pronti anche a ridurne sensibilmente la portata. Però su questo disegno di legge, così come su altri, vogliamo poter parlare e dire la nostra». Anche sul decreto carceri, infatti, gli azzurri di Antonio Tajani si preparano a una battaglia: «Se c’è una norma che dà la possibilità di far stare le detenute madri con figli entro i 3 anni in case famiglia o in istituti a custodia attenuata siamo pronti a discuterne», aggiunge sempre Gasparri. E guarda caso, un emendamento in tal senso lo ha presentato il Pd. Nella Lega c’è chi non sarebbe contrario, come la senatrice Giulia Bongiorno, ma nel partito di Salvini ci sono diverse sensibilità . E anche su questo giocano, in fondo, gli alleati/avversari di Forza Italia. —

IL COMMENTO

se si inventa un reato negando l’italiano

Siamo a tanto così dalla terza guerra mondiale, a Trump hanno sparato, Biden si è ritirato, si stanno sciogliendo i ghiacciai, le città non sono sicure, non si fanno più figli, i soldi sono finiti: in questo scenario mancavano solo il ddl della Lega sulla tutela della lingua italiana e l’invasione delle cavallette. Aspettiamo le cavallette, visto che a tutelare la lingua italiana ci pensa il senatore della Lega Manfredi Potenti. 
Preso da un’urgentissima voglia di lavorare a luglio, il senatore ha proposto un disegno di legge dal titolo “Disposizioni per la tutela della lingua italiana, rispetto alle differenze di genere”, Ddl che credo sia la risposta ancor più lunare, ed era difficile, all’uso del femminile sovraesteso dell’Università di Trento. Tra il dare una multa di 5.000 euro se usi una parola che finisce con la “a” e l’uso isterico di femminile sovraesteso, e rovesciate, numeretti, “ciao a tuttu”, asterischi e schwa ci dovrà pur essere una via di mezzo, mi auguro. Non mi è chiaro in che modo usare “sindaca”, per quanto brutto, ma meno brutto di “la sindaco”, possa in qualche modo preservare la lingua italiana.
La lingua si evolve con la società, non è un monolite fermo in un punto con noi che ci giriamo intorno. Da entrambe i lati l’evolversi della lingua ha solo prodotto la fine delle soglie di sbarramento del ridicolo: tra quelli che dicono “la medica” e quelli che dicono “il medico donna” viene semplicemente voglia di non farsi curare. La proposta legislativa dice che “in qualsiasi atto o documento emanato da Enti pubblici o da altri enti finanziati con fondi pubblici o comunque destinati alla pubblica utilità, è fatto divieto del genere femminile per neologismi applicati ai titoli istituzionali dello Stato, ai gradi militari, ai titoli professionali, alle onorificenze, ed agli incarichi individuati da atti aventi forza di legge” e che “è ammesso l’uso della doppia forma od il maschile universale, da intendersi in senso neutro e senza alcuna connotazione sessista” . Eviterei di parlare sull’uso di “od” che mi pare di una bruttezza pari alle parole che si vogliono multare. 
Questa battaglia al politicamente corretto immaginario sbaglia bersaglio, tempi e modi, proponendo l’unica che sembra essere in grado di fare: dare multe. A me sembra incredibile che non sia possibile fare una riflessione seria sull’uso della lingua italiana, sul politicamente corretto, su chi o cosa vada tutelato, e soprattutto perché. Si butta sempre il pallone in tribuna, tra multe, proclami, pretese di verità, tutele della lingua che non si capisce bene dove portino e a chi servano. 
Questa urgenza di salvare la lingua italiana è reale? Ci sono documenti dove viene usato il femminile sovraesteso? Quando l’Università di Trento lo ha adottato si trattava di una provocazione, di “un atto simbolico per dimostrare parità a partire dal linguaggio dei nostri documenti”, cosa che, per quanto inutile, perlomeno non prevedeva multe. Concentrarsi sempre sui minimi termini è un modo come un altro per non affrontare mai il problema in sé, e questo vale sia per i fanatici dell’uso degli asterischi che per i fanatici dei divieti. L’uso di “avvocato” o “avvocata” è importante? Mi sembra solo un falso problema visto che l’uso della doppia forma esiste. 
Chiamateci come vi pare, non siamo panda, basta che ci si paghi come gli uomini. La mia proposta è quella di non parlarci più. Non scriviamoci, non sentiamoci, facciamoci solo dei piccoli cenni con la testa che se no diventiamo come quelli che dicono che non si può più dire niente. —