Sulle intercettazioni Ruolo istituzionale ” Toti va verso le dimissioni e chiama Salvini “Una liberazione dare la parola agli elettori”

Marco Fagandini
Emanuele Rossi
Genova
La partita giudiziaria sta andando male, ma quella politica è ancora tutta in gioco, per Giovanni Toti. E le dimissioni da presidente della Liguria, sinora sempre rifiutate, diventano un’opzione possibile: «Oggi per me la poltrona di presidente è maggiormente un peso che un onore», rivela Toti, ma «la Presidenza di una Regione non è un bene personale. È un patrimonio collettivo». E quindi di qualsiasi scelta dovranno farsi carico anche i suoi alleati, sia a livello locale che nazionale.
Il giorno dopo la pesante ordinanza con cui il tribunale del Riesame ha bocciato la richiesta di revoca degli arresti domiciliari, il presidente, dalla casa di Ameglia dove è recluso dal 7 maggio, batte due colpi tramite il suo legale. E avvia di fatto una nuova fase, che potrebbe portare all’arrocco della maggioranza regionale sperando in una pronuncia favorevole dalla Cassazione, non prima di settembre. Ma anche precipitare, in piena estate, con le dimissioni e il voto anticipato. Il primo colpo è una nuova richiesta di colloqui, questa volta anche con il leader della Lega, Matteo Salvini (oltre ai due assessori fedelissimi Giacomo Giampedrone e Marco Scajola): potrebbero essere autorizzati da lunedì. E ne seguiranno altri con esponenti del centrodestra e sindaci liguri. Il secondo è una lunga lettera, affidata da Toti all’avvocato Stefano Savi, nella quale il governatore ripercorre le accuse rivoltegli, ribadisce la sua linea difensiva ma anche che «non mi spaventa rinunciare a un ruolo a cui sono legato» né ridare la parola agli elettori. Immediata la risposta e la solidarietà di Salvini: «Capisco la rabbia e lo sconcerto del presidente Toti. In un paese civile le accuse vanno provate, per anni gli italiani hanno assistito ad accanimenti mediatico-giudiziari poi finiti nel nulla. È giunta l’ora di frenare questo tritacarne incivile. Se Toti si rivelasse alla fine innocente, come penso e spero, chi gli restituirebbe questi mesi di vita e di dignità?».
A diffondere stralci della lettera che Toti ha affidato a Savi è l’agenzia Ansa, in serata. Il presidente della Regione chiede all’avvocato di dare visibilità alle sue parole e commenta con ironia: «Su una cosa almeno siamo d’accordo con il tribunale del Riesame: non esistendo il rischio di inquinamento delle prove, le mie parole non potranno turbare, in alcun modo, le indagini in corso». E ancora, «la legislatura cominciata con le elezioni del 2020, vinte, con ampio consenso, per la seconda volta, è stata di fatto un reality show, all’insaputa dei partecipanti. Intercettazioni telefoniche, intercettazioni ambientali, telecamere negli uffici, pedinamenti. Nessuno è stato escluso. Quattro anni delle nostre vite documentate, dal tavolo del ristorante al colore della giacca».
Il presidente commenta sarcastico le parole dei giudici del Riesame, «che ritengono io non abbia capito il reato commesso e dunque lo possa reiterare» e quindi «vorrei essere chiaro: ho capito benissimo cosa mi viene addebitato. Per i magistrati sarebbe reato essermi interessato ad una pratica, pure se regolare, perché interessava ad un soggetto che ha versato soldi al nostro movimento politico, pure se regolarmente». E per Toti «la reiterazione di quel reato sarebbe impossibile» oggi perché «immaginate che una persona sana di mente possa ripetere la stessa azione per la quale si trova ai domiciliari? E immaginate un imprenditore che, vedendo Toti sul ciglio della strada, possa fermarsi a chiedere anche solo una informazione stradale?».
Poi Toti lancia il suo messaggio, rivolto agli alleati e agli elettori del centrodestra: «Cosa fare ora? Questa la domanda a cui non voglio sfuggire». «Oggi per me la poltrona di Presidente è maggiormente un peso che un onore. Forse sarebbe stato più facile, fin da subito, sbattere la porta, con indignazione, al solo sospetto mosso sul mio operato». E ancora: «Vedo come una liberazione oggi poter ridare la parola agli elettori, perché sono certo che sapranno giudicare quello che è stato fatto fino ad oggi e sceglieranno per continuare a vivere e lavorare in una Liguria libera». Ma «la Presidenza di una Regione non è un bene personale. È un patrimonio collettivo. Di chi l’ha votata, di chi l’ha sostenuta, di coloro che si sono spesi per un’avventura politica». E quindi, dopo gli incontri che Toti chiederà nei prossimi giorni «per parlare di futuro», verrà il momento delle scelte. —
