Schiaffo a Toti, rimane ai domiciliari “Non ha capito i reati e può ripeterli”

Marco Fagandini
Tommaso Fregatti
Matteo Indice
GENOVA
I fatti su cui si basano le accuse di corruzione avanzate dalla Procura sono, per i giudici del tribunale del Riesame, di «allarmante gravità». I magistrati scrivono della «persistente pericolosità di Toti», di un presidente della Regione Liguria che, rapportandosi all’imprenditore Aldo Spinelli e all’ex manager di Esselunga Francesco Moncada, «”s’è mosso” non già come la figura ideale di pubblico amministratore, ma quasi come l’amministratore di una società privata che concordi con taluni azionisti “di riferimento” le linee strategiche della propria azione gestionale». E, descrivendo l’interrogatorio dello stesso Giovanni Toti davanti ai pm, riferiscono di un verbale «infarcito di “non ricordo”, un inciso che non brilla di certo per chiarezza e trasparenza». Anche per questo l’ordinanza depositata ieri dai giudici ha respinto la richiesta di rimettere in libertà Toti, arrestato il 7 maggio scorso nell’ambito dell’inchiesta sul sistema corruttivo che, per la Procura e la Guardia di Finanza, ha innervato per anni i vertici della Regione. Con richieste di finanziamenti a imprenditori in cambio di favori.
Il provvedimento firmato dal presidente del collegio Massimo Cusatti ribadisce come sussista un elevato rischio che il presidente regionale, ora sospeso dalla carica, ripeta gli stessi comportamenti illeciti che gli sono contestati. Rischio che giustifica il mantenimento dei domiciliari. Al contrario, spiega sempre il Riesame, non vi sarebbe più un pericolo di inquinamento probatorio. In ultimo, viene respinta anche la presunta incompatibilità sostenuta dalla difesa tra il perdurare della detenzione e il rispetto del mandato elettorale ricevuto da Toti da parte dei cittadini. Fatto valere attraverso la consulenza dell’ex ministro e giudice della Corte costituzionale Sabino Cassese. «Estremizzando tale posizione – scrive Cusatti – la difesa sembra prospettare che l’amministratore di un ente territoriale possa considerarsi sottratto all’applicazione di misure custodiali ove lo richiedano esigenze di buon andamento della pubblica amministrazione… (o) per il solo fatto di essere stato attinto da un mandato elettivo, in aperta violazione del principio costituzionale per il quale tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge». Quasi che, «per assurdo», di fronte a un amministratore eletto accusato di «omicidio» o «violenza sessuale», continuano i giudici, si debba valutare non «l’esigenza di tutelare la collettività», ma anche se «il protrarsi della misura di custodia possa incidere sul buon andamento della pubblica amministrazione, sul mantenimento della carica elettiva» e così via.
A più riprese l’ordinanza spiega come la difesa di Toti non abbia mai contestato le accuse e i gravi indizi contenuti nell’ordinanza di custodia della giudice Paola Faggioni. E quindi, in questa sede, dovessero essere valutati in primis elementi di novità tali da ridurre o eliminare i rischi di reiterazione dei reati o di inquinamento delle prove. Ad esempio influenzando possibili testimoni. Per la difesa, come detto, un elemento di novità sono state le parole di Toti nell’interrogatorio. In quella sede il presidente ha confermato l’esistenza degli episodi contestati, ma di essersi comportato così per perseguire il bene pubblico. E per mediare, ad esempio, fra Spinelli ed Msc, così da evitare scontri controproducenti per il porto. Posizione espressa anche in quella sorta di memoria “politica” depositata il giorno stesso dell’interrogatorio. Il collegio respinge questa lettura: «In nessuna delle conversazioni intercettate compare anche solo un cenno di sfuggita all’una o all’altro (tutela della cosa pubblica e mediazione, ndr) nel mentre (Toti, ndr) intrattiene rapporti con gli Spinelli e con Moncada… ma v’è un desolante silenzio sul punto, dovendosi solo registrare la secca alternanza fra solleciti di finanziamenti rivolti da Toti a Spinelli e le istanze di quest’ultimo intese a soddisfare i propri interessi personali». Quei rapporti con Spinelli e Moncada (ora dimessosi), per il collegio, «ad oggi risultano correttamente qualificati in termini di corruzione». Un «malinteso senso di “tutela del bene pubblico”», chiosa il collegio.
Ci sono poi due nuovi reati ipotizzati dai giudici del tribunale del Riesame come la turbativa d’asta e l’induzione alla corruzione che la Procura deve necessariamente valutare mentre il rigetto della revoca degli arresti domiciliari chiude, di fatto, un periodo di stallo e porta a scenari differenti che s’intrecciano inevitabilmente con il futuro politico del governatore.
L’ipotesi che maggiormente prevale in Procura è di valutare la possibilità di chiedere il giudizio immediato per il governatore. Questa strada metterebbe di fatto fine al futuro politico di Toti che ancora ieri, tramite il suo legale Stefano Savi, ha fatto sapere di non avere alcuna intenzione di rassegnare le dimissioni. —