Balneari, la Corte Ue “Legittimi gli espropri a concessione finita”

MARCO BRESOLIN
CORRISPONDENTE DA BRUXELLES
Le opere inamovibili realizzate da chi gestisce uno stabilimento balneare possono essere espropriate dalla Stato, senza alcun indennizzo, alla scadenza della concessione, come del resto è già previsto dall’articolo 49 del codice della navigazione italiano. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Unione europea, con una decisione che ha scatenato i malumori delle associazioni di categoria, già sul piede di guerra per via delle incertezze legate all’applicazione della direttiva Bolkestein, e al tempo stesso la soddisfazione degli ambientalisti e delle associazioni dei consumatori.
La vicenda non ha nulla a che vedere con la contestata applicazione della direttiva europea sulle concessioni balneari, per la quale l’Italia è ancora in procedura d’infrazione. In questo caso, infatti, i giudici di Lussemburgo sono intervenuti perché interpellati dal Consiglio di Stato in seguito a un ricorso della Società italiana imprese balneari contro il Comune di Rosignano Marittimo, in provincia di Livorno. Il Consiglio di Stato ha chiesto alla Corte Ue di stabilire se le norme previste dal Codice della navigazione italiana rappresentino una restrizione alla libertà di stabilimento sancita dall’articolo 49 dei Trattati. Tali norme prevedono infatti che le opere «inamovibili» realizzate da una società di gestione di stabilimenti balneari vengano automaticamente acquisite dallo Stato al termine della concessione, senza alcun tipo di indennizzo, comportando di conseguenza un aumento del canone per il concessionario subentrante.
La decisione ha provocato «sconcerto e preoccupazione» tra i gestori degli stabilimenti, secondo una nota diffusa da La Base Balneare con Donnedamare e da Assobalneari Italia. A loro modo di vedere, la sentenza «solleva serie criticità economiche, giuridiche e pratiche» in quanto «legalizza di fatto l’esproprio delle nostre imprese e costruisce un pericoloso precedente che minaccia la libertà imprenditoriale in Europa». Per questo chiedono al governo di «intervenire immediatamente per tutelare il valore delle imprese e mitigare gli effetti negativi di questa decisione che rappresenta l’ennesimo schiaffo ricevuto dall’Europa».
Anche Federbalneari si unisce all’appello per chiedere al governo di «cogliere questa via d’uscita per riscrivere un nuovo patto concessorio». Secondo l’associazione, in Italia le strutture inamovibili oggetto della sentenza sono circa 800. Più cauto il sindacato italiano Balneari, aderente a Confcommercio. «Ci riserviamo una valutazione e osserviamo che l’interpello del Consiglio di Stato riguardava esclusivamente la conformità al diritto europeo della devoluzione delle opere di difficile rimozione in favore dello Stato, non di terzi privati».
Per Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi-Sinistra, «la sentenza rappresenta una vittoria per la tutela ambientale e il riconoscimento delle spiagge come bene comune». Sulla stessa linea anche Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatore: «Non è giusto che chi subentra nella concessione paghi l’uscente, con il rischio che poi si rivalga sui consumatori, né che lo Stato, cioè noi contribuenti, paghi per farli sloggiare, magari dopo aver incassato per anni canoni irrisori». —
