Autonomia, scatta l’operazione referendum

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Scatta questa mattina, in Corte di Cassazione a Roma, l’operazione referendum contro l’autonomia differenziata. I partiti di opposizione, la Cgil (ci sarà Maurizio Landini) e la Uil, le associazioni laiche e cattoliche, che compongono il comitato promotore, depositeranno il quesito abrogativo della legge firmata dal ministro Roberto Calderoli. Una domanda secca da sottoporre ai cittadini: «Volete voi che sia abrogata la legge 26 giugno 2024, n. 86, “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”?». Poi inizierà la lunga estate della raccolta delle firme, almeno 500 mila, a sostegno del referendum, da completare entro il 30 settembre.
Quindi la parola passerà alla Corte costituzionale per l’ammissibilità del quesito. La decisione arriverà per la fine di gennaio e, se il pronunciamento sarà favorevole, si voterà tra fine maggio e inizio giugno. Quasi un anno a partire da oggi, un percorso lungo, che segnerà il dibattito politico. «Non c’è tempo da perdere: occorre contrastare il disegno della destra che intende scardinare l’asse di fondo della nostra Costituzione minando l’unità nazionale», dicono Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Avs, attesi anche loro questa mattina in Cassazione. E Matteo Renzi assicura l’impegno di Italia Viva: «Parteciperemo in prima fila ai comitati per il referendum – dice l’ex premier – e i nostri consiglieri regionali hanno già depositato la richiesta di referendum nelle rispettive assemblee».
Sta avvenendo in quasi tutte le Regioni, in quelle amministrate dal centrodestra sarà un atto politico simbolico, «anche se speriamo di mettere un po’ in difficoltà i governatori del Sud che non condividono questa legge», spiega il responsabile Riforme del Pd Alessandro Alfieri. Mentre nelle cinque Regioni amministrate dal centrosinistra (Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Puglia e Sardegna), si lavora per avviare un iter referendario parallelo, che potrebbe però poggiare su un quesito diverso. Puntando non a un’abrogazione totale, ma parziale del provvedimento, limitata ad alcuni articoli centrali del testo. Una strategia dettata dal timore che «la legge afferisca a temi tributari e di bilancio, quindi non ammissibile a referendum, secondo l’articolo 75 della Costituzione», spiegano dagli uffici tecnici della Regione Toscana. In ogni caso, bisogna avviare la pratica entro la prossima settimana, prima che diventino esecutive le dimissioni di Stefano Bonaccini dalla guida dell’Emilia-Romagna. Proprio a Bonaccini si riferisce probabilmente il ministro Nello Musumeci, che provoca i presidenti di Regione di centrosinistra: «Fino a qualche mese fa reclamavano le deleghe dallo Stato, ora hanno cambiato opinione e sono diventati tante “Maddalene pentite”». nic. car. —
