Schlein e Conte, ecco il patto arcobaleno “L’alternativa si deve vedere, stiamo uniti” Elly Schlein Giuseppe Conte

niccolò carratelli 
inviato a Napoli 
In città chi da tempo aspettava una foto di Elly Schlein e Giuseppe Conte sorridenti sullo stesso palco, probabilmente non avrebbe immaginato di vederli insieme vicino a una grande torta arcobaleno. Invece è questa l’immagine finale del dibattito andato in scena nel cortile dell’Albergo dei poveri di Napoli, antipasto politico della grande parata del Pride prevista per oggi in città. Bisogna aggiornare la lista dei punti programmatici condivisi per costruire la piattaforma dell’alternativa progressista. Al salario minimo, primo slancio unitario, alla battaglia in difesa della sanità pubblica e a quella contro l’autonomia differenziata e il premierato, si aggiunge un corposo capitolo sui diritti. A cominciare, ovviamente, da quelli rivendicati con forza dalla comunità Lgbtqia+, principale tema della discussione, a cui partecipa anche il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi. 
Schlein gioca in casa, è venuta accompagnata dalla compagna Paola (con la cagnolina Pila), tutti hanno visto il video della segretaria Pd che balla su un carro del corteo del Pride romano: «Sono vent’anni che lo faccio, io c’ero, ci sono e ci sarò», scandisce tra gli applausi di una platea che la adora. Conte, invece, è al suo debutto assoluto in un evento legato al Pride, non ha mai partecipato a una manifestazione, «ma spero di riuscire a portarcelo presto», dice la senatrice M5s Alessandra Maiorino, seduta in platea con la collega deputata Gilda Sportiello, paladine del Pride e dei diritti Lgbtqia+ dentro al Movimento. Sono venute a vedere come se la cava il loro leader su un terreno che non lo ha mai visto in prima linea. Tanto che, diversamente da Schlein, che parla a braccio e conosce le questioni a memoria, lui si è preparato, legge qualche appunto dallo schermo dello smartphone, ricorda emendamenti e proposte di legge dei 5 stelle in questo ambito. Non è del tutto a suo agio, ma cerca di nasconderlo, anche sventolandosi con un ventaglio arcobaleno trovato sulla poltrona, con scritto “Love is for all”. 
Per sua fortuna, più che un dibattito è un abbraccio collettivo, all’insegna dell’«uniamo le forze per difendere i diritti». Proprio Manfredi formula subito l’auspicio che questo impegno sia «uno dei fattori unificanti del campo progressista». La segretaria Pd non se lo fa ripetere e, dopo aver fatto autocritica perché «il Pd in passato non ha avuto abbastanza coraggio», mette giù gli obiettivi normativi da perseguire insieme: una legge contro l’«omobilesbotransfobia», che è «il minimo sindacale», il matrimonio egualitario, una legge per il riconoscimento dei figli delle coppie omogenitoriali. Il presidente M5s raccoglie con convinzione, per quanto la sua pronuncia di «omobilesbotransfobia» sia meno fluida e spontanea e inciampi nell’acronimo Lgbtqia+, che Schlein sciorina più volte in scioltezza. Non solo, l’ex premier fa vedere di aver studiato, rilanciando atri possibili provvedimenti, come quello sull’identità alias nelle scuole e nelle aziende. Insomma, non ruba la scena a Schlein, cosa oggettivamente impossibile in questa occasione, ma limita l’impressione di essere lì a fare da “spalla” alla leader dem. Una prospettiva per lui urticante, che i risultati delle elezioni europee rendono però concreta. Quando Schlein, sollecitata dai rappresentanti della comunità Lgbtqia+ napoletana («molti di noi non vanno a votare») gli dice «Giuseppe, per riportare la gente alle urne dobbiamo far vedere che esiste un’alternativa, che noi siamo pronti a sostituire il governo di destra, questo è il tempo dell’unità», l’ex premier non si sbilancia, conferma la collaborazione sui temi condivisi, ma nulla di più. 
Su una cosa certamente la pensano allo stesso modo: l’attacco di Giorgia Meloni ai giornalisti di Fanpage che hanno raccontato le pulsioni razziste e antisemite dentro Gioventù nazionale, il movimento giovanile di Fratelli d’Italia. «La premier ha trovato un’altra occasione di fare un attacco frontale alla libertà di stampa, anziché affrontare il problema gravissimo che emerge da quella inchiesta», dice Schlein. Conte è altrettanto duro: «Meloni si comporta come se il problema non fosse il tanfo ma chi solleva i tombini». L’antifascismo non è un punto programmatico, ma un valore condiviso. Vista da Napoli, città simbolo della buona alleanza tra Pd e M5s, la strada dell’alternativa sembra un po’ meno in salit