Entro il 30.06 si può scegliere se rendere disponibili le informazioni cliniche riservate registrate fino a maggio 2020

Nicola borzi

C’è una scadenza che incombe per chi non desidera alimentare con i propri dati di salute il Fascicolo sanitario elettronico: è il 30 giugno. Chi non vuole che tutte le sue informazioni cliniche su situazioni di salute e relative prestazioni erogate dal Sistema sanitario nazionale fino al 18 maggio 2020, quando era ancora richiesto il consenso sulla privacy, vengano catalogate automaticamente nel database sanitario personale deve opporsi in forma scritta entro domenica prossima. Una informazione essenziale che, su richiesta del garante per la Privacy, è stata resa nota dal ministero. Dal primo luglio sarà troppo tardi e l’operazione avverrà in modo automatico, senza più possibilità di opporsi. Problema: per riuscire a far registrare l’opposizione bisogna superare le forche caudine di una complicatissima procedura online. Intanto, nonostante gli 1,38 miliardi stanziati dal Pnrr, le inefficienze del Fse non sono state ancora risolte.
Il Fse, per la sanità pubblica, è (o meglio dovrebbe essere) uno strumento fondamentale che archivia e recupera tutte le informazioni e lo stato di salute psicofisico, passato e presente, di un cittadino. Il tema è quello della privacy, che ha visto entrare in campo più volte il Garante. I dati sanitari digitali, infatti, sono il Sacro Graal delle informazioni personali e fanno gola a chiunque opera in campo sanitario, medico, farmaceutico e finanziario. Conoscere la storia sanitaria e clinica di popolazioni e individui consente di elaborare sistemi statistici in grado di prevedere i bisogni sanitari, medici, clinici, farmacologici della popolazione, il futuro dell’aspettativa di vita e dunque i costi dei sistemi sanitari e pensionistici. Ma può consentire anche di decidere a quali fasce di cittadini dare o non dare una terapia, un farmaco, un posto letto (ad esempio a chi è “troppo anziano”), un mutuo, un prestito, un’assicurazione o un’adozione. Ecco perché c’è chi potrebbe non voler far archiviare la propria storia fatta magari di patologie o problemi psichiatrici, dipendenze da alcol droghe o farmaci, malattie tumorali o patologie sessualmente trasmissibili. Dati per i quali va garantito il “diritto all’oblio”.
Ecco perché nel 2009, 2012 e infine l’8 giugno 2023 il Garante della privacy ha dettato le sue linee guida sul Fse. Nel 2020, in piena pandemia, il decreto Rilancio ha però tolto ai cittadini il consenso per l’alimentazione automatica dei loro dati nel Fse, che da allora ha iniziato a raccogliere informazioni senza più autorizzazione dei cittadini. Nel Fse, oltre ai dati personali (contatti, delegati) e amministrativi (esenzioni per reddito e patologia), finiscono referti, verbali di pronto soccorso, lettere di dimissione, profilo sanitario, cartelle cliniche, prescrizioni specialistiche e farmaceutiche, farmaci erogati, vaccinazioni, prestazioni specialistiche, tessere per i portatori di impianto, screening e il documento socio-sanitario informatico redatto e aggiornato dai medici di base o pediatri. In poche parole, tutta la storia clinica e sanitaria di ogni italiano.
A tutela della privacy è stata però prevista la possibilità di opporsi alla “migrazione massiva” dei propri dati precedenti all’entrata in vigore del decreto Rilancio, il 19 maggio 2020. Ma la scadenza è domenica 30 giugno. Chi vuole opporsi vada sul sito https://sistemats1.sanita.finanze.it/portale/fse-fascicolo-sanitario-elettronico1 e segua le istruzioni. Ma occorre che lo faccia velocemente perché uno scroll automatico fa sparire la pagina.
Questo, comunque, non risolverà i problemi del Fse. Lo strumento è gestito a livello regionale in maniera disomogenea, il che potrebbe rendere difficile la comunicazione tra ente ed ente e a livello nazionale. Il governo ha promesso che entro la fine del 2024 il Fse comincerà a integrare, a livello nazionale, funzionalità come il pagamento dei ticket sanitari, la prenotazione di visite ed esami, la scelta o revoca del medico e la consultazione dei referti. Ma questi obiettivi per ora funzionano solo in alcune Regioni, mentre altre non hanno ancora caricato tutti gli esami e i referti nonostante gli 1,38 miliardi in arrivo dal Pnrr. Intanto, però, i dati corrono.